POLITICA. L’amante incompresa, DWF (34-35) 1997, 2-3

Editoriale

La redazione riflette sul significato della politica in Italia, oggi che il primato della politica partitica e parlamentare attraversa una crisi dovuta a motivi interni e internazionali. Pur considerando in modo positivo questa situazione, DWF si interroga sulle conseguenze che toccano le donne a livello sia istituzionale che professionale e sociale; si domanda se e in che modo queste donne possano coltivare ancora il senso di appartenenza a un “genere politico”. È forse necessaria una nuova “narrazione” di sé in modo da salvaguardare la percezione di una comunità politica di donne. Su questi temi sono state rivolte quattro domande ad alcune donne che rispondono anche a partire dalle loro esperienze.

1. Nell’editoriale esprimiamo un giudizio, anche in rapporto con il movimento delle donne, sulla fine di tutta una fase della politica italiana e dello stesso primato della politica. Su questo vorremmo un confronto: su quale può essere oggi il senso della politica, più ampiamente, per una cittadina di questo paese, più strettamente, per chi vi guardi da una storia e da una cultura femminista.

2. Dire che le donne ormai “sono ovunque” è un luogo comune che registra una verità. Ci sembra utile dire come ci siamo, se e in qual modo conserviamo una capacità di espressione significativa di noi stesse in una vita tutta scandita dalle categorie produzione/riproduzione.

3. Osservando l’agire politico delle donne impegnate nelle istituzioni elettive sentiamo una mancanza di “narrazione” sia dei guadagni – se ci sono – sia degli ostacoli, che ci sono sicuramente. È necessaria tale narrazione ai fini del significato della politica?

4. Noi registriamo un senso di perdita della comunità politica delle donne. Nella sua esperienza verifica comunque un riferirsi delle donne alle donne tale da potersi configurare come comunità (intellettuale, scientifica, imprenditoriale…)?

Indice

DUE VIZI PER SEMPRE
All'autrice il femminismo ha dato due vizi che intende mantenere per sempre: partire da sé (dalla sua vita, esperienza, sentimenti) e preoccuparsi in grande. Così Ravera guarda alla politica oggi, come a questioni quotidiane in rapporto con i grandi problemi riguardanti l'umanità. Crede nell'esistenza di una comunità di donne in quanto donne, fondato su un senso conscio e inconscio di appartenenza. Il fatto che, in politica e nella società, poche siano le donne ai massimi livelli è per lei un problema; solo la presenza diffusa e numerosa di una soggettività femminile piena e non censurata potrebbe redimere questa fine di millennio, tanto vacua e priva di passioni.
UNA PASSIONE NON CORRISPOSTA
L'autrice riprende il suo passato di militante del Partito Comunista e di appartenente all'UDI per riflettere sulla sua recente esperienza di presidente (ora dimissionaria) del Consiglio provinciale di Ferrara. Il modo in cui una donna consapevole di sé agisce nella politica istituzionale - le relazioni che conserva e che crea - mettono in luce una serie di contraddizioni. Prima fra tutte, l'essere inscritta immediatamente nella politica istituzionale delle pari opportunità: "la politica delle pari opportunità viene automaticamente accreditata alle donne, a tutte le donne elette o nominate, in ragione del loro sesso".
EQUIVOCI E FETICCI
L'autrice delinea gli equivoci che hanno caratterizzato a suo avviso il rapporto tra sinistra e femminismo, prendendo in considerazione alcuni concetti chiave del contesto italiano, come ad esempio l'idea di "movimento". Un concetto appropriato di "comunità" implica un diverso significato: "una rete elastica di donne che, pure magari non occupandosi della stessa cosa, costituiscono però il punto di giudizio e di misura su come e quanto si va significando la differenza sessuale".
RESPONSABILITÀ POLITICA
Alla luce della sua storia politica - condivisa con una generazione di femministe - e della sua attuale situazione di lettrice all'Università, l'autrice dichiara il suo pieno accordo con "l'idea della narrazione come responsabilità politica". Un'idea che ha tentato di mettere in pratica per molti anni, ma sempre in modo individuale e solitario. Secondo Sapegno sarebbe necessario che "quei gruppi di donne che bene o male hanno avuto la capacità di costituirsi e vivono più o meno clandestinamente nelle nostre università avessero potuto e potessero sperimentare a piacimento" non solo diversi itinerari di ricerca, ma diversi modi di trasmissione di una memoria, di un passato per creare una relazione tra generazioni.
UN FENOMENO RARO
Rettore dell'Università di Roma Tre - la prima e fino a poco tempo fa l'unica donna in Italia - l'autrice è davvero "un fenomeno raro". È stata anche una della prime cattedratiche (all'epoca ce n'erano solo quattro su trecentotré), alle prese con una famiglia con sei figli. Ricorda la sensazione di essere una delle "poche elette", il suo rammarico per non aver preso parte attiva al movimento delle donne e la gratitudine per le donne più giovani che lo hanno fatto. Spiega poi come paradossalmente l'importanza di essere donna e il suo significato politico sia aumentata nel corso della sua esperienza di rettore, a fronte dei problemi della sua università e più in generale dell'università italiana.
INVASIONE DI CAMPO
L'autrice, nota anche come scrittrice, ha di recente dato le dimissioni dalla sua carica di vicesindaca e di assessora agli Affari sociali di Perugia. Ricorda i motivi che l'hanno spinta ad accettare l'incarico e analizza il modo in cui alcuni suoi tratti e comportamenti (pensare a se stessa e avere un figlio handicappato) siano stati recepiti più come segni di inaffidabilità che come occasioni per ripensare e trasformare il significato della politica.
UNA RINNOVATA LIBERTÀ
Ricostruendo la sua militanza nei movimenti degli anni Settanta - il movimento femminista italiano (in particolare il pensiero della differenza sessuale) e il movimento studentesco del '77 - l'autrice riflette su punti di contatto e di attrito tra queste due "passioni politiche". Di fronte a un senso di vuoto, alla perdita di queste due "comunità", l'esito non è la depressione, ma un senso di libertà, una rinascita in cui la separazione e la perdita sono l'unica via verso una vita più piena.
UN CONFLITTO ESPLICITO
Secondo l'autrice, è oggi necessario risituarsi storicamente rispetto alla differenza sessuale. È questo un momento storico, un "passaggio di civiltà che ha per protagonista un sesso sconosciuto poiché la differenza femminile è fuori dalle attuali categorie interpretanti". La differenza sessuale è esperita da ogni donna ma sfugge alle categorie interpretative ed è difficile farne un fatto politico.
LA PROLA E LA PRATICA
Ripensando alla sua decisione di lasciare il P.C.I nel febbraio del 1997, l'autrice riconsidera il senso che la politica ha per lei oggi. Tre sono le questioni di fondo: la povertà del linguaggio politico, l'incapacità dei partiti di rappresentare la società e la crisi della partecipazione politica. Su questi temi l'autrice riflette a partire dalla sua esperienza di femminista e di iscritta al P.C.I.- P.D.S. dal 1964 al 1997.
UNA SPECIALE CONTRADDIZIONE
Questa sezione della rivista, dedicata a temi filosofici, è curata da Angela Putino. Questa volta Luisa Muraro interloquisce con la stessa Putino e con Laura Boella che in un numero precedente aveva esposto la sua impossibilità a significare il fatto della differenza sessuale. In questo paradosso - discutere di ciò che si dice impossibile da discutere - Muraro scorge un problema più generale: "proviamo piuttosto a immaginare una linea di confine che corre tra il fatto della differenza sessuale e il pensiero della differenza sessuale… pensiero della differenza sessuale o pensiero sic et simpliciter? Un minimo di riflessione basta a risponderci che l'alternativa non esiste: si tratta dell'uno e dell'altro, quando si tratta - ed è questo il punto - del fatto della differenza. Vale a dire che il fatto della differenza, quando si tratta di passare a pensarlo e a pensare, fa problema".
DA SOGGETTO PENSATO A PENSIERO PENSANTE. L'interlocuzione di Carla Lonzi con la psicoanalisi
In questa sezione una docente femminista presenta il lavoro di una sua allieva. In questo articolo - tratto dall'introduzione alla tesi di laurea - Rita Corsi mostra come la posizione di Carla Lonzi verso la pratica e la teoria psicoanalitica non consista in un mero rifiuto. La sua critica ai concetti chiave della psicoanalisi si muove su un "altro piano", quello di una soggettività femminile consapevole che non teme di misurarsi con un pensiero che, analizzato lucidamente, si rivela essere sessuato. È a partire da un atto di incredulità che si creano le condizioni di un dialogo.
TRADIMENTI E RECUPERI DI UN MITO FONDATIVO. Didone regina di Cartagine
Il mito di Didone - principessa di Tiro, vedova di Sicheo, infelice amante di Enea, morta di sua volontà sulla pira sacrificale - è stato narrato con diversi accenti e modi espressivi per oltre duemila anni. Le trasformazioni di questo mito hanno accompagnato il farsi della cultura europea. Le autrici delineano questa narrazione multiforme nelle sue vicende storico-geografiche e nei suoi passaggi da un genere all'altro, analizzando così il gioco di varianti e invarianti connesso a differenti contesti estetici, letterari, politici e ideologici.

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