OMELIE DI DONNE, DWF (30-31) 1996, 2-3

Editoriale

In questo numero la redazione ha interrogato direttamente alcune donne che vivono un’esperienza religiosa all’interno della tradizione cristiana, in modo da indagare la loro comprensione di alcune questioni legate alla pratica femminista: la relazione tra donne, la questione dell’autorità, della libertà, ecc. Lo scopo era di valutare gli spostamenti avvenuti in questi anni nella percezione di loro stesse, come anche nel modo in cui la cultura e la società percepiscono la loro esperienza e il loro ruolo, al di là degli stereotipi.À

Indice

LO SPIRITO E IL MONDO
L'autrice insegna teologia al Pontificio Ateneo Sant'Anselmo a Roma. Partendo dalla sua esperienza personale, guarda all'itinerario delle teologhe cattoliche nel contesto culturale e politico degli ultimi decenni. "La teologia femminista nordamericana e mitteleuropea - scrive - mi hanno fornito lo strumentario teorico per coniugare femminismo e teologia e per decodificare la complessa esperienza umana, culturale e religiosa che mi trovavo a vivere proprio come donna in una chiesa inesorabilmente maschile".
LO SPAZIO DELLA PAROLA
"I trent'anni che ci separano dalla decisione sinodale che ammise per la prima volta le donne al pastorato nella chiesa valdese, sono gli anni dello sviluppo e della formidabile evoluzione del pensiero delle donne. L'interazione e la reciproca influenza tra queste due realtà indubbiamente esiste", afferma Bonafede, pastora valdese a Roma. Essa analizza questo processo e i conseguenti cambiamenti. "La relazione tra donne ha costituito per molte lo spazio della conoscenza, della parola, e della nascita di un nuovo soggetto femminile che osa pensare in proprio e si avventura nella riflessione e nella produzione di pensiero, anche teologico".
L'OCCHIO E IL PIEDE
Le suore sono oggi "donne lontane dagli stereotipi che ancora sono loro attribuiti": Stella porta come esempio alcune suore che "hanno messo a profitto i cambiamenti autorizzati dal Concilio Vaticano II per andare oltre". Nella seconda parte dell'articolo, l'autrice discute il concetto di autorità e "il rapporto tra autorità e obbedienza, in una Chiesa che è ancora impregnata di una cultura gerarchica".
NON GRADISCE LE FRONTIERE
"Sempre più la missionaria cammina con la gente e ne ha la capacità". Ha anche una formazione professionale e culturale, come dimostra suor Maria Colombo, missionaria ad gentes e ora insegnante di altre future missionarie. Invece di chiedere potere nelle strutture ecclesiastiche, l'autrice ritiene che le donne "dovrebbero provocare l'autorità maschile a prendere decisioni radicali a partire dal linguaggio della vita e dell'esperienza".
COMANDARE, SERVIRE, LIBERARE
L'autrice dialoga con tre religiose: una suora, una badessa, una monaca - tre donne che hanno scelto vie diverse per vivere la vocazione in differenti comunità. Lo scopo dell'autrice è di trovare una mediazione tra il linguaggio della razionalità e della politica e il linguaggio della fede.
BEATE E SANTE
Patrizia Cacioli, redattrice di DWF, intervista Rosangela Vegetti sui criteri e le procedure di beatificazione e canonizzazione di donne sante e beate. A partire da esempi storici e attuali, Vegetti ritiene che "cambiando il contesto sociale e rinnovandosi la mentalità verso la donna, si aprono nuovi criteri di santità femminile". Oggi, per le figure di donna, l'accento "non è più sulla maternità eroica o sulla verginità ascetica, ma sempre sulla coerenza e maturità con cui si è vissuto il Vangelo".
LA PROVVIDENZIALE OCCASIONE
L'autrice ripercorre le tappe storiche e culturali dell'incontro tra le donne attiviste cattoliche e il movimento femminista in Italia. Superando pregiudizi ed equivoci, grazie ad alcuni gruppi di donne cattoliche - come "Progetto Donna" - " si è resa possibile una nuova idea del movimento femminista" e il femminismo è stato visto "come un'occasione provvidenziale che provocava e incoraggiava una riflessione nel mondo cattolico sulle sfide della nostra epoca".
DISCORSO, VERITÀ, GOVERNO
L'autrice prende in considerazione due problemi diversi ma connessi: il rapporto tra discorso e verità e quello tra discorso e governo. Innanzitutto, afferma che porre la differenza femminile sullo sfondo delle sue interpretazioni moderne e postmoderne è oggi, per una donna, il compito di un discorso di verità - di un discorso critico. Questo implica un'analisi critica che provochi la capacità di capire la nostra differenza e di fare una diagnosi del mondo in cui viviamo. In secondo luogo, Putino mette in luce i tenui fili che legano le pratiche di governo con le strategie del sapere, con i processi comunicativi e simbolici: un lavoro appassionato e accurato intrapreso dalle donne nel reinterpretare il pensiero di Foucault.
FIGLIE PRODIGHE
La figlia prodiga è il titolo di un racconto di Alice Ceresa, pubblicato da Einaudi nel 1967, ma è anche la protagonista del racconto e in quanto tale - trattandosi di una sperimentazione metanarrativa - la figlia prodiga è un neologismo semantico, sia come personaggio sia come tropo, costruito sul paradosso che "non tutto ciò che è noto è compreso". De Lauretis colloca il racconto nel dibattito dei tardi anni Sessanta (quando Ceresa vinse il premio Viareggio Opera Prima) e sottolinea il significato "politico" attuale del testo: la storia di questo personaggio è una storia all'inverso, in negativo, "è la storia di ciò che in una storia in positivo non sarebbe rappresentabile, in quanto i codici di rappresentazione elaborati dalla cultura egemonica non contemplano, non ammettono - e quindi non permettono di rappresentare in positivo - la particolare "prodigalità" di una figlia prodiga".

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