IL MONDO CHE CONTA, DWF (32) 1996, 4

Editoriale

Sebbene il lavoro femminista in campo economico sia ancora agli inizi, l’aspettativa di una nuova “teoria generale” di matrice femminista è molto forte. Quest’aspettativa può essere ingannevole. Piuttosto c’è l’esigenza di una riflessione sistematica sulle principali aree di indagine femminista in questo campo.

Ciò implica aprire un dibattito, riconoscendo innanzitutto gli ostacoli che questo tentativo può incontrare. Ostacoli “esogeni” (la natura “maschile” dell’economia e dei suoi teorici e addetti), come anche ostacoli “endogeni” (lo sforzo di rivalutare a tutti i costi tradizionali attività femminili quali la cura).

Indice

ECONOMIA, ECONOMISTE E FEMMINISMO
L'articolo considera l'impatto del femminismo sull'economia e sulle economiste. Se il femminismo ha ridefinito i termini del dibattito in molti campi, sin dagli anni Settanta, è solo nei primi anni novanta che le donne hanno aperto un nuovo ambito di riflessione sull'economia - l'economia femminista - e hanno iniziato a indagare le relative questioni di genere. L'Italia non fa eccezione. Per troppo tempo la scienza economica è stata in Italia un bastione del potere maschile, nonostante la massiccia presenza di donne. Solo nel 1993 un gruppo di trentatré economiste ha iniziato a indagare la sottorappresentazione delle donne in questo campo, in particolare nelle più alte cariche accademiche. L'indagine, finanziata dal Consiglio nazionale delle ricerche CNR, è innovativa nell'approccio e nella meticolosa raccolta di dati che riveleranno la fisionomia di questa professione.
EQUITÀ VERSO LE DONNE NELLA RIFORMA DELLO STATO SOCIALE
Quest'articolo presenta vari criteri di "equità" verso le donne nelle politiche pubbliche. Una riforma "equa" dello stato sociale dovrebbe tenere conto dei nuovi ruoli delle donne e dei nuovi processi di formazione della famiglia. In Italia, solo i lavoratori sul mercato e i membri delle loro famiglie hanno diritto a trasferimenti e servizi pubblici (tranne la sanità che è universale). Invece il lavoro di cura della famiglia e il lavoro salariato dovrebbero essere riconosciuti come fonti indipendenti di diritti. D'altra parte, il riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle donne nella famiglia non deve discriminare quelle che lavorano fuori casa. Inoltre gli interventi dovrebbero essere equi sia verso le persone che desiderano sposarsi sia verso quelle che non possono o non vogliono. Di conseguenza, la genitorialità, più che il matrimonio, andrebbe considerata la relazione rilevante per l'intervento pubblico. Il reddito congiunto di una coppia non dovrebbe essere l'indice da paragonare con la soglia di povertà al di sotto della quale fornire assistenza: piuttosto dovrebbe esserlo il tetto del reddito dei due genitori. Una riforma dello stato sociale dovrebbe fornire poche e chiare indicazioni, più che numerosi e intricati privilegi che favoriscono gli abbienti e finiscono per escludere gli indigenti. Questi criteri vengono utilizzati per criticare recenti proposte di legge del governo di centro-sinistra.
LA LANTERNA DEI MERCATI
La globalizzazione dei mercati è "la magna causa della fine del modello occidentale di stato sociale e dei diritti soggettivi (…) oppure è una grande opportunità dato che nel mercato globale tutti possono partecipare"? L'articolo espone le ragioni addotte da entrambe le posizioni e propone una spiegazione per capire l'accresciuta difficoltà dei nostri tempi nel trovare mediazioni tra economia e politica.
UN MODELLO AL BIVIO
I guadagni ottenuti dall'uguaglianza di genere in seno al mercato del lavoro italiano sono stati sostanziali, ma spesso "involontari", nel senso che le donne hanno beneficiato di politiche rivolte al mercato del lavoro anche quando non erano specificamente indirizzate a loro. Più che altrove, esse sono state ricompensate per la loro complicità al modello maschile del lavoratore nella partecipazione al mercato del lavoro e, di conseguenza, hanno meno risentito delle restrizioni subite dal lavoro femminile nei paesi industrializzati, quali la precarietà, il salario ridotto e la ghettizzazione attraverso il part-time. Questo percorso verso l'uguaglianza di genere sul mercato del lavoro subisce oggi attacchi da più parti, anche da parte delle donne. La complicità con il modello maschile di partecipazione al mercato del lavoro è oggi percepita come la causa principale della preoccupante mescolanza di una ridotta partecipazione, alto tasso di disoccupazione e basso tasso di fertilità che caratterizzano il nostro paese. La tentazione di imitare altri paesi industrializzati - in cui il modello della partecipazione femminile è più differenziato, meno continuo, part-time o a orario ridotto, ma sembra capace di indurre una maggiore fertilità e una maggiore partecipazione - è comprensibilmente forte. L'articolo esamina criticamente questa tentazione e delinea brevemente possibili alternative.
MANO NELLA MANO A MEZZANOTTE. Il paradosso del lavoro di cura
L'articolo colloca le recenti teorie femministe sulla "cura" nel contesto economico, sviluppando il concetto di lavoro di cura e indagando i possibili motivi della sua sottovalutazione. Viene descritta la rilevanza delle tensioni tra il pensiero neoclassico e istituzionalista, tra le posizioni a favore e quelle contro il mercato. La parte finale è dedicata a un'analisi delle implicazioni di una politica pubblica femminista.
POLITICA E POETICA
Il femminismo, inteso nel senso più ampio, deve lavorare sull'ordine simbolico. Altrimenti, sostiene Collin, le conquiste sociali delle donne saranno a rischio, poiché non produrranno nuovi fondamenti per una comprensione condivisa del mondo. L'autrice prende in esame possibili criteri per una critica femminista che valorizzi le opere d'arte di donne, passate e presenti.

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