STELLE SENZA CIELO. Note per il cinema, DWF (124) 2019, 4

Editoriale

Stelle senza cielo: abbiamo voluto aprire questo numero con un’immagine. Fino a un certo punto il “cielo” del cinema è stato letto e interpretato solo al maschile, dove a parlare e muoversi sono corpi visti soltanto da occhi di uomini, così come maschili sono le figure, le finalità, le relazioni produttive, lo sguardo. Eppure, nel buio di quel cielo, sono molte le figure di donne che hanno popolato il cinema e che, una volta illuminate, hanno mostrato un segno diverso e raccontato, cambiandolo, il senso delle storie. Riscrivendo l’utilizzo che di quel mezzo poteva essere fatto. Per questo torniamo a raccogliere delle note per il cinema, a 41 anni dall’uscita del numero La donna dello schermo (DWF, n. 8, 1978). Note che tracciano il quadro delle protagoniste che fin dagli esordi hanno fatto la storia del cinema, ma anche di coloro che lo vivono oggi (registe, documentariste, ecc), oltre che di chi, a partire da un posizionamento femminista, continua a interrogarlo e, anche attraverso rassegne e festival, a rimetterlo in circolo come strumento politico.

Il movimento femminista nei suoi innumerevoli percorsi si è servito di molti ambiti e strumenti per ribaltare e cambiare le carte in tavola. Con il cinema lo ha fatto in modo potente, dando vita a un soggetto imprevisto, desiderante, indipendente e in relazione. Oggi l’insieme delle arti, delle tecniche e delle attività industriali e distributive che producono come risultato commerciale un film, si è popolato di corpi femminili che, sebbene presenti da sempre, sono ormai visibili e riconosciuti in tutti i mestieri della ‘settimana arte’: registe, sceneggiatrici, montatrici, costumiste, scenografe, attrici, doppiatrici… A che punto siamo?

Questo numero in parte si innesta sulle riflessioni e sollecitazioni legate alla nostra uscita precedente: #Femministe. Corpi nella rete (DWF n. 123, 2019), dove ci siamo chieste in che modo i femminismi interagiscano con i linguaggi e i nuovi strumenti della comunicazione, a partire dalle pratiche politiche delle donne da sempre costruite sui corpi, sulla parola e sulla presenza. Una riflessione particolarmente necessaria oggi quando, senza preavviso, ci troviamo in piena quarantena da Covid-19, ma che ancora non sappiamo come evolverà. Quello che sappiamo è che la distanza tra i corpi e le conseguenti relazioni disincarnate, le principali misure per contenere i contagi del virus, ci sfidano su piani inauditi e, talvolta, chiudono le menti.

Più volte questa redazione, complice anche l’autofinanziamento che con desiderio e disciplina ha tenuto la rivista fuori dalle esigenze di un editore o del mercato editoriale dominante, ha saputo intercettare le urgenze del presente frugando tra pensieri, angosce e pulsioni delle nostre quotidianità. Con questo approccio politico abbiamo interrogato qualcosa che è costantemente – e ora in emergenza Coronavirus esclusivamente – nei nostri vissuti quotidiani: la comunicazione digitale. Da qui non è stato difficile raccogliere testimonianze, riflessioni, e persino un fitto elenco di spazi virtuali femministi, creando una base che ora ci aiuta a pensare anche questa eccezionale quotidianità. Mezzi di espressione e di relazione, dunque.

A volgere il nostro sguardo verso il cinema è stata l’esigenza di interrogare nuovamente l’autorappresentazione, la narrazione di sé e delle storie che ci riguardano, ma anche quella di ripercorrere una storia importante di rottura, rivoluzionaria, avviata da donne coraggiose che hanno fatto irruzione dietro (e dentro) lo schermo.

Anche per questo la prima volta che DWF si è occupata di cinema (1978) ha titolato il numero La donna dello schermo dove abbiamo pubblicato per prime in Italia la traduzione di Piacere visivo e cinema narrativo di Laura Mulvey, un testo fondativo della Feminist Film Theory, di cui ci è sembrato opportuno ripubblicare alcuni passaggi nella sezione Poliedra. La teoria e critica cinematografica femminista ci ha permesso di interpretare e ricostruire i ruoli femminili nel cinema, e di riconoscere la costante presenza di donne in questo campo (Pizzuti), così come le lotte per la riappropriazione degli strumenti e delle tecniche del cinema (Topini).

Nonostante il percorso nella progettazione del numero ci è parso molto chiaro, meno semplice è risultato dare corpo alla chiamata che abbiamo fatto alle nostre interlocutrici, alcune delle quali poi diventate autrici di questo numero. Nel corso della costruzione di “Stelle senza cielo. Note per il cinema” sono infatti emerse due traiettorie: da un lato la necessità di continuare a raccontare profili di donne, dall’altro fare i conti con la moltiplicazione degli strumenti che hanno assorbito la funzione cinematografica. Al fondo di tutto ciò, vi è stata l’urgenza di continuare a porre alcune domande che interrogano la costruzione dell’identità personale e di quella politica.

Se – come dice anche chi c’era – negli anni Settanta il cinema era considerato un mezzo di espressione privilegiato per rappresentare un soggetto donna imprevisto allo sguardo maschile, adesso ci sembra di poter rilevare che quelle riflessioni viaggino più su altri canali, compagni anche del cinema ma più immediati, come i video-performance, i documentari, le fiction televisive, le serie più che il film propriamente detto. La narrazione, pur continuando a esistere, si è frammentata in tanti prodotti, ma soprattutto in tanti registri e strumenti diversi dal grande schermo. Pensiamo ad esempio al documentario, ritenuto la cornice più adeguata per una narrazione aperta e corale, dove ogni soggettività è libera di autodeterminarsi e definirsi a partire dal proprio racconto (Cerquetti/Bonu); ma anche uno ‘strumento politico’ che fa spazio al racconto delle altre, rese invisibili dalla Storia (Profeta/Di Martino).

Altro strumento è quello elaborato da gruppi di donne e comunità lesbiche e femministe che, rimescolando la produzione filmica, la propongono attraverso rassegne, festival, giornate di studi. Strumenti questi che assolvono a più funzioni: dal bisogno di comunicare con il quartiere in cui gli spazi femministi si inseriscono, aprendo a momenti di incontro e costruzione di comunità altre (Lucha Y Siesta); alla volontà politica di rendere visibile i soggetti lesbici – le loro esistenze, i loro desideri, le loro rivoluzioni (Coco).

Dall’altro lato la produzione cinematografica continua a esprimere le soggettività impreviste. Se la Feminist Film Theory ha di fatto ‘ripopolato’ il cinema di donne, soggetti desideranti ed esorbitanti rispetto alla rappresentazione maschile, e delle loro relazioni, questo numero di DWF è in parte un aggiornamento della molteplicità dei soggetti-donne nei set, nelle sale di montaggio, negli studi in cui si producono gli effetti speciali.

In questo senso, il numero riprende le riflessioni ‘classiche’ intorno al ruolo del cinema nella costruzione del soggetto politico delle donne, soprattutto – ma non solo – nelle tante prospettive che lo legano alla costruzione di sé e delle identità personali. All’inizio del movimento femminista i “mille piani” potevano apparire in relazione lineare, ma presto abbiamo imparato che non avevamo di fronte una geometria ‘euclidea’, semplice e bidimensionale, e oggi ancor di più1. Ne è una chiara dimostrazione il cinema lesbico: “che cosa hanno guadagnato – e forse anche perso – le lesbiche nel passaggio dall’invisibilità alla visibilità, dalla sottocultura al mainstream, e in che modo l’attuale momento storico ha plasmato ciò che pensiamo e sappiamo di cultura e identità lesbica?” (Fabbiani).

Un’altra riflessione classica ripresa dal numero è quella del “personale è politico”, calandola nel contesto contemporaneo della denuncia globale della campagna #MeToo contro una serie di registi, produttori, autori. Quanto l’opera è autonoma e assolve le condotte individuali e sociali dell’autore? Quanto “l’alibi del genio” agisce ancora? (Arcara/Ardilli).

Nella direzione di contestualizzare gli scritti che raccogliamo nella sezione Materia, va la ricostruzione molto accurata dei filoni principali toccati dalla Feminist Film Theory nel saggio di Toto e Limone, nella sezione Poliedra. In che modo le prospettive femministe hanno continuato ad interrogare e riscrivere il cinema? Quanto quegli strumenti sono tuttora fondamentali per capire i prodotti mediali, le loro cornici, le loro finalità?

Dare luce e voce alle stelle senza cielo è una costante della pratica femminista, e questo numero sul cinema si propone di dare un ulteriore contributo. Bisogna “non perdere l’abitudine”, e tantomeno la tenacia, di raccontare storie, sguardi ed esperienze significative: la base che dà forma a mondi altri, anche nell’esperienza dell’emergenza in cui scriviamo.

Indice

MATERIA

ALICE E LE ALTRE. Le cinepioniere
L’articolo indaga, a partire dall’800 e primi del ‘900, il ruolo e l’influenza delle donne sul mondo del cinema, dalla presenza nel campo della tecnica e nel retroscena fino al protagonismo di comiche, registe, sceneggiatrici. Attraverso figure di rilievo come quella di Alice Guy, i cui lavori sono tuttora troppo poco conosciuti, il contributo ripercorre i nomi e le storie di donne che finora non avevano trovato posto negli annali del cinema: in questo senso sono cinepioniere. Questo lavoro di riscoperta e genealogia femminile nel mondo del cinema svela – ancora una volta - come una molteplicità di esperienze sia stata rimossa dalla storia ufficiale, ma rappresenta un contributo da valorizzare e far conoscere.///The paper aims at inquiry, from the Nineteenth century and the beginning of the Twentieth century, the women’s role and influence on the movie world, from the presence in the technical field and background to the protagonist of comedians, movie makers and screenwriters. Through iconic figures such as Alice Guy, so far underrepresented, the article talks about women’s names and stories that so far were excluded from traditional history. That’s why they are pioneers of the cinema, in feminine terms. This work of unveiling of feminine genealogy shows, one more time, the multiplicity of women’s experiences.
IL CINEMA SARÀ LA NOSTRA VENDETTA. La politica femminista di Lina Mangiacapre
Questo contributo ripercorre, attraverso nodi, riferimenti bibliografici e storici, riflessioni, la portata rivoluzionaria del lavoro di Lina Mangiacapre, vera pioniera del mondo delle arti sceniche in Italia. Pensatrice critica, creativa ed eccentrica, Mangiacapre fonda gruppi quali le Nemesiache, a Napoli, che attraverso il lavoro sugli immaginari propongono una decostruzione irriverente e appassionante dei canoni maschili. In tempi non sospetti, Mangiacapre e le Nemesiache propongono anche un lavoro di spiazzamento del genere, molto prima che il queer diventasse elemento centrale della politica femminsta.///This contribution retraces, through knots, bibliographical and historical references, reflections, the revolutionary scope of the work of Lina Mangiacapre, a true pioneer in the world of the performing arts in Italy. A critical, creative and eccentric thinker, Mangiacapre founded groups such as the Nemesiache, in Naples, which, through their work on the imaginary, propose an irreverent and exciting deconstruction of male canons. In unsuspicious times, Mangiacapre and the Nemesiache also proposed a work of displacement of this kind, long before queer became a central element of female politics.
IL FUTURO NON È PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA. Il cinema lesbico alla curvatura del mainstream
L’articolo segnala lo stato dell’arte del cinema lesbico, dopo diversi anni di evoluzioni e involuzioni. Se inizialmente le lesbiche venivano rappresentate sempre come dolenti, dei maschi mancati, o destinate a morire, le rappresentazioni sono cambiate fortemente nel corso del tempo. Al momento la presenza lesbica nelle arti visive risulta decisamente più massiccia, ma delle domande rimangono aperte. Si tratta di un avanzamento politico nella rappresentazione lesbica? I codici attraverso cui il mondo lesbico viene rappresentato rispondo a un decostruzione reale dei sistemi di genere e sessualità? Domande a cui il contributo cerca minuziosamente una risposta.///The article highlights the state of the art of lesbian cinema, after several years of evolution and involutions. If initially lesbians were always represented as painful, missed males, or destined to die, the representations have changed strongly over time. At the moment the lesbian presence in the visual arts is much more massive, but questions remain open. Is this a political advance in lesbian representation? Do the codes through which the lesbian world is represented respond to a real deconstruction of gender and sexuality systems? Questions to which the contribution meticulously seeks an answer.
DOCUMENTARIO "SENZA ROSSETTO", LE DONNE VOTANO PER LA PRIMA VOLTA. Intervista a Silvana Profeta
L’intervista con Silvana Profeta propone alcuni nodi fondamentali di discussione a partire dal suo documentario sulla prima volta al voto delle donne. Partendo dalla vita della regista, l’intervista si addentra nella scelta di dedicare il documentario a questo tema, per un bisogno di storia delle donne ancora non sciolto. Attraverso lo sguardo delle protagoniste, il documentario invita a ripensare la storia come frutto di una molteplicità di esperienze e vissuti. La differenza nel raccontarlo, poi, la fa sempre lo sguardo. In questo caso uno sguardo femminista.///The interview with Silvana Profeta proposes some fundamental points of discussion starting from her documentary about the first time women vote. Starting from the director's life, the interview goes into the choice of dedicating the documentary to this theme, because of a need for women's history that has not yet been dissolved. Through the eyes of the protagonists, the documentary invites us to rethink history as the result of a multiplicity of experiences. The difference in telling it, then, is always made by the gaze. In this case a feminist look.
LINFA, O UN ALTRO MODO DI STARE AL MONDO. Intervista a Carlotta Cerquetti
Questa intervista si concentra sul documentario Linfa, dedicato ad alcune figure di artiste, musiciste e performer del quartiere Pigneto a Roma. Una conversazione che parte dalla vita della regista e dalla sua evoluzione artistica per arrivare a definire la specificità della scelta dei soggetti. Raccontare un altro modo di stare al mondo, le dissidenze di genere, altre trame affettive e artistiche, è infatti un modo non solo di rendere conto di una realtà locale dinamica, ma di un processo più ampio che sta riguardando la società tutta.///This interview focuses on the documentary Linfa, dedicated to some figures of artists, musicians and performers from the Pigneto district in Rome. A conversation that starts from the life of the director and her artistic evolution to define the specificity of the choice of subjects. Telling another way of being in the world, genre disagreements, other affective and artistic plots, is in fact a way not only to account for a dynamic local reality, but for a wider process that is affecting society as a whole
IL GIARDINO DELLA VISIONE. Uno sguardo intimo intorno al cineforum di Lucha y Siesta
L’articolo propone un affresco, a partire da se, di un’esperienza che sopravvive nella casa delle donne da oltre dodici anni. Ogni estate un cineforum con oggetto anche, ma non solo, tematiche di genere, prende vita nel giardino, permettendo incroci, scambi e trasformazioni. Attraverso un mosaico di voci, ricordi e citazioni, l’autrice fa luce sul modo in cui il cinema, calato nella realtà, diventi strumento politico troppo spesso sottovalutato.///The article proposes a picture, starting from herself, of an experience that has survived in women's homes for over twelve years. Every summer a cineforum with an object also, but not only, of gender issues, comes to life in the garden, allowing crossings, exchanges and transformations. Through a mosaic of voices, memories and quotations, the author sheds light on the way in which the cinema, brought into reality, becomes a political tool too often underestimated.
DESIDERIO LESBICO SUL GRANDE SCHERMO. Il festival Some prefer cake
Questo articolo ricostruisce la storia del festival che dal 2007 ha portato alla ribalta a Bologna e non solo il cinema lesbico. Grazie alla ferma volontà di Luki Massa, attivista lesbica e fondatrice del festival prematuramente scomparsa, la rassegna sceglie di lavorare sul terreno della visibilità lesbica perché proprio la visibilità è in grado di cambiare non solo l’immaginario, ma anche le vite delle persone e più in generale, la società.///This article reconstructs the history of the festival that has brought lesbian cinema to the forefront in Bologna since 2007. Thanks to the firm will of Luki Massa, lesbian activist and fouder of the festival who died prematurely, the festival chooses to work on the field of lesbian visibility because visibility is able to change not only the imagination, but also people's lives and society in general.
L’ALIBI DEL GENIO. La controffensiva patriarcale nell'epoca del #MeToo
A partire dal caso che ha coinvolto Roman Polanski negli ultimi mesi, nei quali è stato osannato dalla critica e dalle giurie di vari festival, le autrici interrogano l’alibi del genio, ovvero quel meccanismo che ammanta gli uomini che hanno agito forme di violenza o sopruso sulle donne di un’aura di intoccabilità, in virtù della ragione superiore dell’arte. Questo contributo critico e inclemente mette sul piatto dei nodi che, dal #metoo e oltre, non possono che interrogarci rispetto a un campo per niente neutro, quale quello della rappresentazione.///Starting with the case that has involved Roman Polanski in recent months, in which he has been praised by critics and juries at various festivals, the authors question the genius' alibi, that is, the mechanism that cloaks the men who have acted forms of violence or abuse on women of an aura of untouchability, by virtue of the superior reason of art. This critical and inclement contribution puts on the plate knots that, from the #metoo and beyond, can only question us with respect to a not at all neutral field, such as that of representation.

POLIEDRA

PIACERE VISIVO E CINEMA NARRATIVO. Tratto da DWF 1978 “La donna dello schermo”
Questo contributo riporta alcuni estratti di un articolo pietra miliare della riflessione su cinema e femminismo, scritto da Laura Mulvey e pubblicato in Italia nel 1978. Analizzando criticamente cosa è rappresentato, chi guarda e chi è guardata, Mulvey inaugura la stagione degli studi femministi sul cinema, che tuttora trovano in lei un cardine.///This contribution contains extracts from a milestone article on cinema and feminism, written by Laura Mulvey and published in Italy in 1978. By critically analysing what is represented, who is watched and who is watched, Mulvey inaugurated the season of feminist studies on cinema, which still find in her a hinge.
LA CRITICA DEL CINEMA FEMMINISTA DA MOVIMENTO IDEOLOGICO A LETTURA E INTERPRETAZIONE DEL PRODOTTO MEDIALE
Attraverso un’attenta disamina della letteratura femminista che, da Mulvey in poi, ha analizzato il cinema e gli/le spettatrici, le autrici/ori mappano un quadro complesso i cui strumenti sono tuttora fondamentali.///Through a careful examination of feminist literature which, since Mulvey onwards, has analysed the cinema and the spectators, the authors map a complex picture whose tools are still fundamental.

SELECTA

Recensioni: BRAIDOTTI/Bosisio; HARAWAY/Puccinelli; FARRIS/Capesciotti; CARAFFI/Russi