DONNA E TRASMISSIONE DELLA CULTURA, Nuova DWF (2) 1977

Editoriale

Il fatto che l’agente primo della trasmissione (e quindi della riproduzione) dei modelli culturali sia la donna è processo recente e per nulla affatto naturale, ma scelta politica. La risposta deve perciò essere politica, e consiste nella ridefinizione del ruolo delle donne in questa società e nella revisione critica dei contenuti della cultura che trasmettiamo come madri e come insegnanti.

Indice

DIBATTITO [La scuola in mano alle donne o le donne in mano alla scuola?]
Dibattito organizzato dalla rivista con un gruppo di donne universitarie di Bari, sulla posizione e sui problemi delle donne nell'insegnamento. Sono stati discussi i seguenti argomenti: il ruolo estremamente conflittuale delle insegnanti o delle maestre quando ci si rifiuti di vedere la propria attività come un prolungamento del ruolo materno, il problema del lavoro part-time che se da una parte diminuisce le difficoltà causate dalla mancanza di strutture di assistenza sociale, d'altra parte va a spese della professionalità e rende impossibile un impegno profondo e gratificante; il problema della trasmissione di una cultura che non è stata elaborata dalle donne; le cause per cui anche oggi in cui la grandissima parte dell'istituzione scolastica è in mano alle donne, almeno in apparenza, la cultura trasmessa non si è affatto modificata; la difficoltà per le donne di fare le loro battaglie all'interno delle istituzioni; l'influenza del femminismo e delle proteste e lotte nelle università nel 1968 sulla nuova generazione di insegnanti; un'analisi economica e sociologica dell'affluenza massiva di donne nell'insegnamento; e, infine, la testimonianza di una maestra d'asilo che lavora con metodi nuovi in una scuola sperimentale.
LA DONNA NELLA SCUOLA DALL'UNITÀ D'ITALIA A OGGI. Leggi, pregiudizi, lotte e prospettive
Al momento dell'Unità le idee sull'educazione delle donne in Italia non erano diverse da quelle di J.-J. Rousseau. La legge Casati del 1859 ebbe da una parte il merito di creare, almeno sulla carta, l'istruzione obbligatoria, d'altra parte sanzionò fin dal principio la divisione e la diversificazione dell'educazione per sesso. Le "considerazioni morali" che dovevano giustificare la deliberata limitazione del contenuto dell'educazione per le giovani, non impedivano tuttavia lo sfruttamento dei minori, bambine e bambini, come forza lavoro, sfruttamento ampiamente documentato. Anna Maria Mozzoni, una fondatrice del femminismo italiano borghese, rivendicava la co-educazione e l'apertura effettiva di tutte le istituzioni scolastiche alle donne. La discriminazione non era meno pesante per le maestre - unica carriera aperta alle donne - oppresse dal punto di vista morale e svantaggiate nel trattamento economico. Con il rafforzamento del Partito Socialista agli inizi del ventesimo secolo la discussione sul rapporto tra le donne e le istituzioni scolastiche si ampliò e la lotta delle maestre per la parità di retribuzione si inserì nel contesto più vasto delle lotte operaie.
APPUNTI SULLO STEREOTIPO FEMMINILE NELL'ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE
È un fatto che le donne in un sistema di repressione sociale o culturale sono sempre represse due volte, che esse vivono una doppia alienazione. La base ideologica arbitraria di molte ricerche psicologiche sull'orientamento professionale e scolastico non costituisce un'eccezione. Le analisi che si servono del concetto di istintualità riferendosi alle donne parlano di "tratti tipici", aggiungendo così al pregiudizio dei "tratti innati", subìto anche dagli uomini, il pregiudizio dei "tratti biologicamente determinati". Rita Gay sotto questo aspetto prende in esame alcune ricerche e testi sulle attitudini professionali, i quali si basano su una polarizzazione implicita o esplicita in attitudini maschili e femminili, polarizzazione che è funzionale all'ideologia dominante nel sistema capitalistico. Così per esempio le donne si vedono attribuire un temperamento "intuitivo" - termine ambiguo e privo di un contenuto scientifico preciso - senza considerare che certi comportamenti o certi modi di pensare delle donne, anziché essere espressione spontanea, sono la reazione di soggetti oppressi a pretese, desideri, minacce e anche violenze da parte di coloro che le opprimono. Partendo dalle caratteristiche tipiche e innate attribuite alle donne, si arriva subito all'individuazione di inclinazioni "femminili", a vocazioni "tipicamente femminili" perché fondate su un presunto senso materno e altruista e sull'assenza di un atteggiamento intraprendente, di iniziativa personale. Le donne che presentano inclinazioni che non corrispondono a questo stereotipo sono considerate donne con una personalità a dominanza mascolina. L'interiorizzazione dei ruoli spesso conduce le donne stesse a condividere i pregiudizi diffusi nei loro confronti. L'autrice deplora il fatto che nelle ricerche psicologiche di genere manchi una valutazione critica degli elementi rilevati e denuncia l'uso politico di teorie che si basano su un'impostazione metodologica poco corretta che contribuisce alla ghettizzazione delle donne (e in senso inverso anche degli uomini) in certe professioni ed attività.
IL RAPPORTO MADRE-FIGLIO COME PROBLEMA PSICOSOCIALE. Appunti per una critica della teoria della deprivazione materna
L'articolo costituisce una critica radicale alle "teorie naturaliste" sul ruolo della madre nella formazione della personalità del fanciullo. Queste teorie, molto in voga nei paesi anglosassoni e che si basano principalmente sulla psicoanalisi kleiniana e su certi studi etologici assai discutibili, vedono nella madre la principale responsabile dell'avvenire e della salute mentale futura dei loro figli e - di conseguenza - dell'armonia dei rapporti micro e macrosociali. Si presuppone che il bambino, la cui personalità secondo queste teorie è definitivamente prefigurata a cinque anni, sia in possesso fin dalla nascita di una conoscenza e di una comprensione del mondo che gli permettono di avere esigenze precise e frustrazioni fatali in caso di mancanza di certi soddisfacimenti desiderati. Vale a dire che queste teorie presuppongono proprio ciò che dovrebbero dimostrare! Esse negano l'importanza e l'influenza dei processi di apprendimento e di inculturazione che passano attraverso l'appropriazione di simboli - anzitutto del linguaggio - che caratterizzano una cultura. Numerosi studi condotti sulla criminalità mostrano la non validità di queste teorie. Infatti il fattore determinante per il comportamento di un individuo non è l'esperienza dei suoi primi anni di vita, ma l'influenza dell'ambiente nel quale vive. Le teorie che esaltano e mistificano la maternità non spiegano nulla sullo sviluppo degli esseri umani. La loro funzione sociale è di relegare le donne nel privato, pretendendo che si occupino a pieno tempo dell'allevamento dei figli, ciò che finisce per essere fatale non solo alle donne, ma anche ai figli.
MASS-MEDIA, DONNA E PRESSIONE CULTURALE. Alcune ipotesi di ricerca
La crisi degli studi sui mezzi di comunicazione di massa, risultato sia di un'insufficiente elaborazione teorica, sia di una frammentazione eccessiva delle ricerche empiriche, diventa particolarmente evidente quando si prendano in esame le funzioni e gli affetti cumulativi dei mass-media in rapporto alla socializzazione delle donne e al loro ruolo nella trasmissione della cultura. La semiotica, il cui fine è di reinterpretare i processi comunicativi dal punto di vista della significazione ha, fino ad ora, trascurato l'analisi dei codici culturali propri dei differenti gruppi sociali, e questo ha molto limitato il valore delle ricerche effettuate. La contraddizione principale nei processi comunicativi, secondo l'autrice, consiste nell'uso privato di messaggi che hanno una destinazione pubblica. Contraddizione che si accentua nel caso delle donne, già relegate nella dimensione privata. In effetti, i mass-media costituiscono un canale di ingerenza e di controllo sociale nel privato e uno strumento di manipolazione che rischia di rafforzare la subalternità e l'emarginazione delle donne.
NOTE SULL'ISTRUZIONE FEMMINILE NELLE DUE GERMANIE
I riflessi di un modo di pensare medievale in materia di istruzione alle donne, in Germania, si sono conservati fino al nostro secolo nonostante le battaglie del femminismo borghese, e in particolare di Louise Otto per l'eliminazione delle discriminazioni patite dalle giovani e dalle donne. Per quel che riguarda la Repubblica Federale Tedesca, anche oggi l'eguaglianza completa tra ragazze e ragazzi, garantita per legge, nella realtà non esiste ancora. A prima vista, nella Repubblica Democratica Tedesca - grazie alle premesse sociali e politiche differenti - la situazione sembrerebbe completamente trasformata. Secondo le statistiche ufficiali le donne sono presenti in tutti i settori delle istituzioni scolastiche e anche la presenza più debole delle donne nell'università, sia a livello degli studenti sia a livello dei professori, è in via di risoluzione. Le nostre perplessità nascono altrove : nei discorsi dei politici che, dopo più di trent'anni di socialismo, parlando dei contributi politici delle donne, si riferiscono alle loro piccole battaglie nella vita di tutti i giorni…
L'ANTIFEMMINISMO DI MALCOM X
L'ottica con la quale Alessandro Portelli guarda a Malcom X - senza voler demolire l'opera di questo personaggio nel suo insieme o giudicarlo a livello morale o personale - è quella di mettere in rilievo l'esistenza di un rapporto difficile e complesso fra la sinistra rivoluzionaria nera (così come ogni altra) e la liberazione della donna, attraverso una rilettura critica dell'Autobiografia del grande rivoluzionario nero. Si tratta di individuare i canali attraverso i quali la cultura dominante si radica anche all'interno dell'opposizione più intransigente. Malcom X fornisce un esempio particolarmente interessante perché è proprio questo rivoluzionario che nella sua analisi del razzismo ha creato i concetti della politicità del corpo, del legame fra l'oppressione politica e l'oppressione personale, la dimensione culturale dell'oppressione, concetti che hanno ispirato e fortemente influenzato il femminismo. Secondo paradosso in Malcom X: il fatto che la sua idea della donna e del rapporto ideale nella coppia non corrisponde per nulla alla vita reale delle donne della sua comunità, alle caratteristiche sociologiche delle famiglie dell'America nera in generale e della sua stessa famiglia in particolare. Malcom X ci propone un modello di famiglia nucleare, piccolo borghese e autoritaria di marca anglosassone, che nel suo puritanesimo e nella sua essenza nettamente antifemminista supera perfino il modello degli oppressori dell'America nera.
LA POSIZIONE GIURIDICA, SOCIALE E POLITICA DELLA DONNA NEI PAESI SCANDINAVI. Il cammino percorso e le prospettive per il futuro
Questo articolo ripercorre le principali conquiste di ordine giuridico relative alla "questione femminile" nei paesi scandinavi. L'autrice ci parla degli aggiornamenti delle norme legate alla maternità, al matrimonio, alla separazione, al divorzio, al lavoro delle donne, al regime di assistenza e al regime patrimoniale. La seconda parte è dedicata alla situazione reale delle donne scandinave nonostante il miglioramento della loro posizione giuridica. L'autrice si basa su statistiche demografiche, economiche e politiche e su un gran numero di ricerche sociologiche, particolarmente su quelle che hanno per oggetto la casalinga. In effetti lo scarto tra le possibilità giuridiche formali e la situazione reale è enorme ed esige un'analisi approfondita. Da un lato le insufficienze di ordine strutturale rendono difficile un cambiamento effettivo nella vita delle donne, dall'altro il condizionamento culturale ancor oggi è un grande ostacolo alla liberazione delle donne e alla loro integrazione nella produzione e nella vita pubblica. I movimenti femministi di cui l'autrice parla nella terza parte, negli ultimi anni si sono molto rafforzati; il loro obbiettivo è di intervenire sulle cause in profondità con l'impiego di strategie multiple.