DONNA E RICERCA SCIENTIFICA, Nuova DWF (1) 1976

Editoriale

Dibattito [Chi, per chi, come. La ricerca scientifica dalla parte della donna]

La ricerca scientifica dalla parte delle donne è il tema di un dibattito che ha avuto luogo tra le redattrici di “nuova dwf”, Annarita Buttafuoco, Tilde Capomazza, Maria Teresa Morreale, Maria Grazia Paolini, Biancamaria Scarcia, Dora Stiefelmeier, Flo Westoby, con la partecipazione di Luciana Di Lello, femminista italiana impegnata nella ricerca.

Lasciando da parte i problemi di ordine metodologico, gli interventi si sono concentrati sulle implicazioni politiche del lavoro scientifico – termine d’altra parte contestato – effettuato dalle donne, vale a dire da un gruppo socialmente oppresso; sulle difficoltà che le donne che si impegnano nella ricerca trovano di fronte a un sistema disciplinare concepito esclusivamente da uomini, con tutte le distorsioni che ne conseguono; sulla necessità quindi di rivedere criticamente e spesso di mettere in discussione non solo le metodologie in uso nelle diverse discipline, ma anche i concetti stessi che sono alla base delle elaborazioni teoriche.

Poiché tutte le redattrici sono attive nel campo delle scienze sociali, nel dibattito non sono state prese in considerazione né la situazione né i problemi particolari delle donne che lavorano nel campo delle scienze “esatte”. Con riferimento alle ricerche sociali che hanno per oggetto le donne o una pretesa condizione femminile, l’imperativo categorico che è stato messo in evidenza è quello di una storicizzazione permanente sia dell’oggetto che del soggetto della ricerca. Ciascuna redattrice ha esposto i problemi particolari della sua materia e ha parlato delle esperienze personali nella vita universitaria e nel lavoro di ricerca.

La seconda parte del dibattito è stata dedicata ai fini e ai problemi della rivista, alle strategie di ordine politico, all’individuazione di un pubblico, alle forme di espressione e di linguaggio più appropriate. Tilde Capomazza ha tirato le conclusioni precisando anche i legami della rivista con il movimento femminista e, in generale, con tutte le donne coscienti della loro oppressione e pronte a lottare e ad unirsi.

Indice

LO SCAMBIO DELLE DONNE. Una rilettura di Marx, Engels, Lévi-Strauss e Freud
Una lettura esegetica dell'opera di Claude Lévi-Strauss e di Sigmund Freud, secondo Gayle Rubin, fornisce elementi preziosi per individuare l'origine dell'oppressione sessuale. Le femministe marxiste, che molto hanno contribuito a far luce sul ruolo della donna nel regime capitalista, spesso non hanno considerato che l'oppressione sessuale viene prima del capitalismo. Engels giustamente aveva osservato che l'oppressione sessuale faceva parte dell'eredità che il sistema capitalistico aveva ricevuto dalle strutture sociali preesistenti. Aveva riconosciuto che quel che era stato considerato come sesso era un prodotto culturale. Ma le intuizioni di Engels erano limitate dallo sviluppo dell'antropologia dell'epoca. È merito di Lévi-Strauss aver affrontato sistematicamente il problema della diversità delle forme di parentela postulando come principio fondamentale della parentela lo scambio delle donne. Ciò costituisce implicitamente una teoria della subordinazione delle donne. L'espressione della divisione dei sessi è il risultato di un'imposizione sociale, vale a dire un prodotto delle relazioni sociali della sessualità. Eppure né l'antropologia, né la descrizione dei sistemi di parentela spiegano il meccanismo attraverso il quale la società riesce ad inculcare nei bambini convenzioni relative al sesso. A questo punto l'autrice invita a ricorrere alla psicoanalisi e intraprende un esame critico delle teorie spesso contrastanti dei successori di Freud, in particolare le teorie di Lacan. Conclude che i progressi recenti dell'antropologia e della psicoanalisi hanno preparato il terreno per una nuova versione di L'Origine della Famiglia, della Proprietà e dello Stato.
ASSUNZIONE POLITICA DEL RUOLO PRIVATO. La donna palestinese
L'articolo presenta due aspetti: il primo riguarda il materiale critico e storiografico sul ruolo della donna nelle guerre di liberazione, di cui mette in rilievo l'unilateralità e la fissità del modulo scelto in virtù del quale si caratterizza l'emancipazione della donna durante il processo rivoluzionario; il secondo mette in evidenza l'utilità propria dei documenti che riguardano la funzione della donna nella lotta rivoluzionaria all'interno dei movimenti rivoluzionari stessi. Come caso paradigmatico, stante l'attualità del problema, l'autrice ha scelto la Palestina. Un breve panorama del movimento femminista palestinese offre uno sfondo di dati concreti all'esposizione, che è piuttosto di problemi che di fatti. Le finalità esplicite del lavoro consistono in un tentativo di formulare la funzione e il ruolo politico della donna, in rapporto con i processi rivoluzionari come sono le guerre popolari, proprio perché si tratta del privato, dominio esclusivamente femminile e tuttavia riferibile a tutte le classi sociali.
L'ENIGMA. La comunicazione come potere - Lettura di un racconto di Dostoevskij
Un racconto di Dostoevskij, La mite, è sottoposto ad un'analisi critica dei rapporti interpersonali. Una verifica dell'interpretazione è avvenuta durante un seminario sullo stesso argomento che ha avuto luogo nel corso di psicologia della Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna (1975-76). L'analisi si concentra sui modi di comunicazione o di non comunicazione e l'uso in termini di potere o di autodifesa che i protagonisti - una donna che finisce per suicidarsi e un uomo - fanno della parola o del silenzio. L'interpretazione del testo è fatta "a più voci", seguendo in ciò le intenzioni dello stesso Dostoevskij. Infatti l'opera di questo scrittore si presta in modo particolare a un'analisi psicologica che segua le teorie più moderne, dato che l'individuo vi si mostra unicamente come un insieme di relazioni. L'intenzione di Marina Mizzau è di mostrare che il modo proprio di un individuo di usare la comunicazione e il silenzio non è accidentale ma è in larga misura determinato dal suo sesso, inteso come prodotto sociale. La caratteristica fondamentale del sistema di rapporti che si crea tra l'uomo e la donna in questo racconto è il suo carattere enigmatico, che si presenta come un paradosso comunicativo proiettato sulla donna sotto forma di un enigma naturale, ma che è in realtà niente altro che l'espressione della sua reificazione. È necessaria dunque, secondo l'autrice, una lettura del testo in termini di dominio-subordinazione, poiché il nodo della comunicazione impossibile tra l'uomo e la donna consiste precisamente nel fatto che il loro rapporto è deformato e falsificato dal potere.
FIGLIE, STUDENTESSE, COMPAGNE... Dal vissuto alla teoria sociologica - Una ricerca come autoricerca
Parallelamente a un corso sul rapporto tra famiglia e società nella società contemporanea, capitalista e industriale che ha avuto luogo alla Facoltà di Sociologia di Trento (anno universitario 1975-76), è stato organizzato un seminario sul tema specifico della "condizione" femminile. I due articoli di Claudia Pancino (Innanzitutto figlie: i rapporti con la famiglia) ed Elena Schnabl (Alcuni ambiti di vita, per la costruzione di un'identità propria), ne sono il resoconto. Il seminario è stato riservato alle studentesse (un'iniziativa analoga per gli studenti è presto fallita), poiché si trattava dell'autoanalisi di trenta giovani donne iscritte al corso sulla loro situazione in quanto donne, nella vita e all'università. Il lavoro si è articolato in due tempi: una fase preliminare nella quale le studentesse hanno parlato delle loro esperienze - la ricerca si è focalizzata sui temi: famiglia d'origine, amore, lavoro, partecipazione politica, "futuro" - e poi una fase di elaborazione teorica dei risultati per restituire a ciascuna la sua esperienza personale come conoscenza collettiva. Un altro scopo del lavoro era di arrivare alla formulazione di un questionario per una ricerca sociologica sistematica sulle studentesse di sociologia. I due articoli sono preceduti da una introduzione della titolare della cattedra di sociologia dell'Università di Trento, Chiara Saraceno, che spiega le ragioni ed enumera i rischi di una metodologia e di un approccio teorico certamente poco ortodossi nel contesto delle ricerche universitarie.
I TRATTATI DI THEODOR GOTTLIEB VON HIPPEL SULL'EMANCIPAZIONE FEMMINILE
L'articolo, che vuole essere un contributo alla storia del femminismo, traccia la vita e l'opera di Theodor Gottlieb von Hippel e ne dà una valutazione critica. Von Hippel, scrittore tedesco del XVIII secolo, amico di Kant, deve essere considerato come uno dei precursori del femminismo tedesco ed europeo di cui anticipa pressoché tutti i temi. Paragonabile a John Stuart Mill - di cui è antecedente - von Hippel ne condivide le idee e per certi aspetti va più in là (per esempio per quanto riguarda la divisione dei ruoli all'interno della coppia). Von Hippel considera tutti i comportamenti e tutte le attitudini umane come socialmente determinate, anticipando in questo le teorie dell'antropologia culturale moderna, e dimostra il carattere artificiale della divisione dei sessi. Influenzato soprattutto dalla Rivoluzione francese e dagli Enciclopedisti, egli esige tra i due sessi l'uguaglianza assoluta. La sua opera principale Sul progresso civile delle donne è stato un pamphlet del movimento femminista tedesco di inizio secolo.