CONFINI (IN)VALICABILI, DWF (99) 2013, 3

Editoriale

La collaborazione tra DWF e il Laboratorio “Sguardi sulle differenze” dell’università La Sapienza di Roma risale a più di dieci anni fa. Nel tempo il rapporto è cresciuto: nato da  relazioni e iniziative politiche comuni tra alcune donne, include ora anche momenti più istituzionali, che riconoscono il Laboratorio e la Rivista come realtà autonome dalle singole che lo compongono. Questo passaggio è stato salutare. Esso ha consentito di svincolare  le modalità di lavoro insieme dalle prassi abituali (di solito, una rivista ospita un articolo)  per cercare nuove forme e più proficue (offrire autonomia di gestione di un intero fascicolo, per esempio). Il risultato è sorprendente: l’interesse reciproco per i nostri autonomi percorsi è aumentato, i temi e il taglio degli argomenti si sono avvicinati.

Non è un caso che le riflessioni proposte dal Laboratorio nell’ultimo triennio – iniziato con “Modelli femminili” nel 2010, poi proseguito con “Libertà. Percorsi del femminismo” (2011) per arrivare ad oggi con “Confini (in)valicabili” –  riassumano un tragitto  e le preoccupazioni  di molte universitarie italiane sul proprio presente. Sono temi che s’intrecciano facilmente, ma non univocamente, con molti scritti, indagini e racconti che DWF ha trattato nello stesso periodo.  E’ la dimostrazione del vantaggio politico di condividere un metodo, “il partire da sé”, della sua ricchezza nel produrre un pensiero sessuato e nell’indicare strade comuni in insospettabili diversità.

Chiude il fascicolo la sezione Selecta, in cui Gaia Leiss recensisce la raccolta di saggi Come un paesaggio. Pensieri e pratiche tra lavoro e non lavoro, a cura di Sandra Burchi e Teresa Di Martino, mentre Sonia Sabelli recensisce il volume di Renata Pepicelli, Il velo nell’Islam. Storia, politica, estetica(pm)

Indice

INTRODUZIONE

Attraversare i confini
Questo numero di DWF raccoglie alcuni degli interventi presentati nel corso della giornata di studi Confini (in)valicabili, che si è tenuta il 24 maggio 2013 nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università La Sapienza (Roma), organizzata dal Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone «Sguardi sulle Differenze». L’evento costituiva l’ultimo appuntamento del ciclo di seminari Gli spazi delle donne, una questione privata?, nell’ambito del corso di Studi delle donne e di genere. Durante l’anno accademico 2012/13, infatti, abbiamo scelto di occuparci del dualismo tra spazio pubblico e privato, nelle esperienze e nelle pratiche politiche delle donne. Attraverso la giornata conclusiva, abbiamo voluto creare un’occasione di confronto sul senso dei confini e sulla possibilità di attraversarli da una prospettiva femminista e di genere: un’opportunità per discutere sul significato delle frontiere e della marginalità, intesa non solo come luogo di oppressione ma ? come sostiene bell hooks ? come spazio radicale e creativo di apertura e di resistenza. Proprio per questo abbiamo deciso di invitare studiose/i e artiste/i con formazioni molto diverse tra loro, convinte che la ricchezza di un’occasione come questa potesse risiedere proprio nel rispetto delle reciproche differenze e nella ricerca di eventuali punti di contatto. Gli interventi inclusi in questo fascicolo, pur ruotando tutti attorno ai temi dei confini e delle frontiere, sono dunque caratterizzati da una prospettiva interdisciplinare, in cui gli studi femministi, di genere e queer si intersecano con la critica letteraria, la psicoanalisi, gli studi culturali, visuali e postcoloniali. La sezione Materia si apre con un contributo di Francesca Bernardini sulle scritture autonarrative di alcune autrici italiane, come ad esempio Gianna Manzini e Paola Masino: se negli archivi degli scrittori si rileva una precisa distinzione tra vita intellettuale/professionale e vita privata, negli appunti delle scrittrici compaiono materiali eterogenei, in cui la dimensione intima, privata e l’attività intellettuale risultano strettamente connesse e complementari tra loro. Sebbene l’autrice non abbia partecipato direttamente alla giornata di studi, ci è sembrata un’opportunità quella di inserire nel nostro discorso anche la traduzione di un saggio in cui Edvige Giunta analizza la reinterpretazione del mito di Persefone nelle scritture narrative di alcune autrici italo americane contemporanee: la loro esplorazione delle radici greche e siciliane non è un viaggio nostalgico, ma una ricerca femminista in cui esperienza personale, mito e storia si intrecciano. Siamo particolarmente contente di presentare, a seguire, i contributi di tre giovani ricercatrici del Laboratorio «Sguardi sulle Differenze» che vivono e studiano/lavorano all’estero. Domitilla Olivieri esplora i confini da un duplice punto di vista, come spazi geopolitici materiali e come luoghi metaforici di produzione di un pensiero critico: a partire dal video-saggio di Ursula Biemann, Europlex, sviluppa un’analisi che si serve degli studi di genere, visuali e postcoloniali, per verificare come questi spazi liminali siano costruiti e inscritti sui corpi dei soggetti che li attraversano. Tiziana Mancinelli, invece, utilizza il concetto di omonazionalismo per analizzare le tensioni emerse nel processo di costruzione dell’identità europea: l’immagine dominante di un’Europa liberale ? in cui il riconoscimento dei diritti di gay e lesbiche assurge a simbolo della modernità e della presunta superiorità dell’intera civiltà occidentale, contrapposta a un’idea del mondo musulmano come barbaro e arretrato ? finisce per tradursi nella chiusura delle frontiere, in particolare con politiche assimilazioniste e xenofobe che riproducono nuove forme di esclusione basate sulla sessualità e sul privilegio bianco. L’articolo di Sara Gvero si concentra sui confini come luoghi di investimento emotivo e sul ruolo delle esperienze traumatiche nel dare forma al concetto di “nazionalità” per i soggetti marginalizzati. Servendosi della teoria degli affetti, l’autrice riflette su come l’identità nazionale si modelli attraverso «affetti negativi», quando la realtà della nazione è vissuta come il sito traumatico di dolorose esperienze personali e collettive, come nel caso della ex-Jugoslavia. Nella sezione Poliedra abbiamo incluso gli interventi delle artiste e degli artisti che hanno partecipato al nostro incontro, contribuendo con le loro voci e i loro corpi ad ampliare lo spettro di analisi e offrendoci il loro personale punto di vista. Poter assistere a diverse performance dal vivo in uno spazio universitario è certamente un’occasione rara e preziosa. La Compagnia delle poete, un gruppo composto da una ventina di poete straniere e italostraniere, che provengono da diversi continenti ma scrivono tutte in lingua italiana, ha partecipato con tre dei suoi elementi: Livia Bazu, Helene Paraskevà e Sarah Zuhra Lukanic. Le tre artiste hanno recitato i propri versi, alcuni dei quali sono pubblicati in questo numero, accompagnate dal musicista senegalese Pape Kanouté, griot e suonatore di kora che, a sorpresa, nel corso del pomeriggio ha poi improvvisato un duetto con il percussionista di tamburi a cornice del Mediterraneo Luca Rossi. I due non si conoscevano, eppure in pochi minuti sono riusciti a intendersi e a mescolare perfettamente le proprie tradizioni musicali, mettendo in atto nel concreto, davanti ai nostri occhi, quell’attraversamento dei confini di cui stavamo discutendo. Simona Filippini, fotografa, ci ha raccontato la sua esperienza con il progetto Di Lei. Donne globali raccontano, in cui un gruppo di lavoratrici domestiche straniere ha acconsentito a utilizzare la macchina fotografica per raccontare la propria quotidianità con le famiglie italiane per cui lavora. Negli scatti di cui offriamo qui alcuni esempi, dieci donne globali catturano momenti della giornata, gesti, oggetti, ritualità dello spazio privato per eccellenza, la casa, mostrando come i loro corpi e il loro lavoro “invisibile” attraversino questo spazio, in un’operazione che le trasforma (da oggetti passivi) in soggetti consapevoli della propria autorappresentazione. Per concludere, Sara De Simone intervista il gruppo di ricerca artistica Teatro Deluxe, che ha partecipato alla giornata di studi con l’installazione performativa Animalità residua. Montando un parallelepipedo bianco ? una sorta di totem ? nell’atrio della Facoltà, i due artisti ci hanno condotto in un viaggio attraverso le origini. Da una crepa coperta di peli sono fuoriusciti e rientrati più volte elementi umani: in un continuo passaggio tra dentro e fuori, nell’attraversamento del limite, di nuovo l’esperienza del confine si è fatta visibile e plastica. A partire dallo specifico posizionamento dell’autrice/autore, tutti i contributi inclusi in questo fascicolo esplorano le diverse declinazioni del concetto di confine, mostrano le relazioni di potere che le frontiere (materiali e metaforiche) contribuiscono a riprodurre ? in particolare per quanto riguarda i processi di costruzione del genere e della sessualità ? e svelano anche il potenziale liberatorio implicito nell’atto di valicare, oltrepassare, trasgredire i confini stessi. Parafrasando le parole di Donna Haraway in Manifesto cyborg, vogliamo concludere affermando che questo numero della rivista vuole essere il nostro contributo collettivo «a sostegno del piacere di confondere i confini e della nostra responsabilità nella loro costruzione». Ringraziamo la redazione di DWF per averci offerto l’opportunità di curare questo fascicolo, dopo l’esperienza del numero 91-92 (Libertà. I percorsi del femminismo, 2011, 3-4) e del numero 87-88 (Modelli femminili, 2010, 3-4); questa occasione rappresenta per noi il naturale proseguimento di una preziosa collaborazione, avviata fin dagli inizi della nostra attività come gruppo, con la partecipazione al numero 3-4 del 2002 (Spazio). E ringraziamo, infine, tutte le studiose femministe che non sono citate esplicitamente in queste pagine ma che hanno contribuito attivamente e concretamente, con il loro impegno costante, volontario e non retribuito, a rendere possibili, a pensare, organizzare e realizzare le molteplici attività svolte dal Laboratorio «Sguardi sulle Differenze» nelle scuole e nell’università.

MATERIA

Pubblico e privato nelle scritture autonarrative delle donne
Any archive, especially when his/her author has carefully preserved and ordered it as a whole or partially, is the projection of the author’s image and the construction of an identity. It also guarantees the survival of the author’s in time and leaves to posterity his/her work. The strict distinction between intellectual / professional and personal life is a characteristic of men’s archives, in which typically private emerges indirectly and marginally, mainly in family correspondence, as happens for Enrico Falqui, Gherardo Marone, Vito Riviello. On the contrary, in women’s archives the link between intellectual activity and private story is generally very narrow, so that this two dimensions come together and are complementary one to the other. If in the archives of Enrico Falqui, Carlo Bernari, Vito Riviello, Giuliano Manacorda, notebooks are used for preparatory notes or drafts of essays or creative works, or bibliographies, in women’s archives – for instance in the ones of Gianna Manzini and Paola Masino – notebooks contain materials of various kinds, linked to professional and private, even intimate, life.
Figlie di Persefone
Blending personal and scholarly narratives, this essay explores how Italian-American women authors use the myth of Persephone in their contemporary narratives. These authors use the myth not to make educated allusions, but to reflect on issues of class and gender, cultural robbery, and cultural reclamation in immigrant culture. These authors both reclaim and transgressively rewrite the myth of Persephone to articulate experiences that, while rooted in history, sink into the depth of a dormant yet powerful ancestral memory.
Video di confini: attraversamenti fra realtà, visioni e visualizzazioni
The article explores borders from two points of view: as geo-political, material places, and as metaphorical and critical spaces. Taking Europlex, a video-essay by Ursula Biemann, as a starting point and deploying an interdisciplinary analysis through the lenses of visual studies, postcolonial and gender studies, the paper articulates how these liminal spaces are constructed by and inscribed on the bodies of those who traverse them. Additionally, the relations between geo-political and performative, symbolic and material, subjectivity and technology are addressed; thus pointing at the complexities as well as at the feminist potential of thinking through borders.
Processi di normativizzazione dei corpi e delle politiche sessuali: privilegio bianco, assimilazione e politiche dei confini
Through the lens of homonationalism, this paper sketches out tensions in the evolution of European identity over the past decade. This period has seen the emergence of starkly contrasting discourses and practices in the realms of gay rights and gender equality as a symbol of Western civilisation and modernity; and the simultaneous rise of Islamophobic and anti-immigration sentiment and policy. The article argues that European identity as pluralistic community is contingent on a process of Othering, both internally, and in relation to non-Member States. Whilst concepts such as gay marriage have been incorporated into the dominant image of a liberal Europe, paradoxically, that same image is built on the exclusivity of borders, sexualities and race.
Sul «sentirsi male»: riflessioni su trauma e identità nazionale a partire dalla Jugoslavia
This article examines the role of traumatic experiences in shaping the meaning of nationality for marginal subjects. Drawing on the analytical tools developed by Affect Theory, it considers the way in which national identity comes to be shaped through negative emotions, whereby the reality of the nation is lived as a site of painful experiences, both personal and collective. The article argues that the break-up of the former Yugoslavia engendered a process of negotiation of ethnicity and nationality that largely relied on such “bad” feelings. This process can be understood as political to the extent that it reworked the boundaries between the public and the private sphere, resulting in the elaboration of everyday strategies of resistance against nationalist power.

POLIEDRA

Le diversità femminili ai confini del verso. Compagnia delle poete in un quadro
Di Lei, donne globali raccontano
L’esperienza del confine: identità, limite, ambiguità nella ricerca artistica dei Teatro Deluxe

SELECTA

RECENSIONI Burchi, Di Martino/Leiss; Pepicelli/Sabelli