APPARTENENZA, DWF (4) 1987

Editoriale

Si indaga sull’appartenenza come sentimento politico, misura del livello di intimità che il soggetto ha con la rappresentazione di sé, nelle relazioni che stabilisce all’interno della socialità femminile, nei confronti che instaura con la struttura sociale.

L’appartenenza al movimento è stato un sentimento forte, ma perché essa non fondi solo una struttura organizzativa che fa spreco delle differenze acquisite, occorre indagare di più sulle difficoltà che riguardano i discorsi, peraltro collegati, sulla soggettività, sull’individualità, sull’identità femminile. La problematicità del discorso è sottolineata dall’intreccio di diversi interventi redazionali, come segnala il diverso carattere dei testi.

Indice

ESSERE PRESSO DI SÉ. Noi che non fummo a Itaca
Analisi del significato filosofico di "appartenersi". La riflessione parte da dati filologici, vale a dire dai differenti significati del termine 'appartenersi' nelle lingue italiana, greca e latina. Nella tradizione classica 'appartenersi' significava 'essere con se stessi' attraverso il logos. Il pensiero moderno vive la separazione tra 'essere' e 'parola' come nostalgia della perdita dell'unità originaria dell'essere con la parola. Questo vale per l'uomo, mentre le donne sono per costituzione perdute e lontane. Non possono dunque pensare o rimpiangere una unità che non hanno mai avuto. Possono semplicemente sognare un luogo preesistente al logos, ossia il luogo mitico della lingua della madre. Oppure possono augurarsi un momento in cui la parola dell'uomo taccia, si arresti. 'Appartenersi' per una donna non implica dunque la capacità di utilizzare la parola dell'uomo. Al contrario, tale utilizzazione rivela lo scarto della donna di fronte a se stessa. Ma quando decide di cercarsi, di guardarsi e di guardare le altre donne, di ritrovarsi, opera un'azione decisiva: assumere lo scarto fra se stessa e la parola dell'uomo è nel contempo la condizione per darsi la propria parola e l'esistenza di tale parola. Ritrovarsi senza che ci sia stata perdita, paradossalmente, diventa 'immagine del futuro' e lo scarto è non più esperienza, ma memoria di un tempo passato
DOPPIO MOVIMENTO
Nel femminismo italiano c'è molto evidente un "doppio movimento" che può essere definito "partenza/appartenenza" e che mostra un segno filosofico e al tempo stesso politico: la volontà di ritrovare e di rivivere l'appartenenza originaria al sesso femminile e di farne un elemento significativo, un principio etico e politico. L'autrice analizza in questa prospettiva le proposizioni politiche e gli approcci teorici di questi ultimi anni, soprattutto dopo la conclusione della fase di quella grande mediazione simbolica che è stato il Movimento femminista degli anni '70; esamina poi i rapporti fra appartenenze politiche nonfemministe e il peso che esse hanno all'interno del Movimento; constata che il segno di questi rapporti è stato rovesciato, visto che sono i luoghi istituzionali della politica che stanno assumendo il tema della differenza sessuale. "Appartenenza al sesso femminile, appartenenze a contesti sociali, appartenenza alla storia del femminismo" sono i tre livelli che possono oggi, auspica l'autrice, rappresentare un luogo di enunciazione per tutte quelle che vogliono affermare" io - donna femminista e tante altre cose ancora - sono".
APPARTENENZA, ESTRANEITÀ, TRASFORMAZIONI
Si tratta di una interpretazione biografica del percorso di ricerca dell'autrice per quanto riguarda le metodologie e i contenuti che ha sperimentato nella sua disciplina, la sociologia, lavorando per il "GRIFF", gruppo di cui ha fatto e continua a fare parte. Il "GRIFF" è un gruppo che si è formato negli anni '70, per iniziativa di alcune ricercatrici di differenti ambienti geografici, disciplinari, istituzionali e ideologici, con lo scopo di promuovere il confronto e lo scambio, tra donne, di esperienze di lavoro didattico, di corsi di formazione professionale, e di studio, fatte nell'università nella scuola, all'interno del sindacato, e in particolare in quelle che si chiamano "le 150 ore", corsi finalizzati alla formazione permanente dei lavoratori. L'autrice espone anzitutto le ragioni della sua scelta, vale a dire le strutture di genere come campo privilegiato della ricerca, come chiave di lettura generale dei fenomeni sociali, e nello stesso tempo espressione della struttura del "genere" al quale ella stessa appartiene.
TRANSITARE
L'autrice, presentando alcuni dei suoi olii e pastelli ad olio, ragiona sulla difficoltà propria di un'artista del nostro tempo di definirsi in termini di appartenenza, fino a concludere che chi pretende di fare arte non può rinunciare alla condizione tragica della non-appartenenza.
IL SILENZIO È PERDITA
L'autrice guarda alla dimensione dell'atto di "appartenere" in relazione all'esperienza lesbica. Il processo di conoscenza trova il suo primo momento fondamentale all'interno dello spazio del desiderio, costruito dal rapporto di due soggetti femminili: io "appartengo a", ed è a partire da questa acquisizione che si arriva a concepirsi nella misura in cui si appartiene all'altra. La parola politica che avrebbe dovuto assicurare la trasmissione significativa di questa esperienza - andando oltre la cultura dell'intimità - è stata omessa o ridotta, almeno in Italia, dalle donne lesbiche per la loro paura della perdita: perdita delle proprie difese, perdita del legame con il Movimento, e dunque perdita dell'appartenenza al soggetto collettivo "donna". La procedura politica che pretende l'enunciazione della propria appartenenza, soprattutto quando si tratta di segni distintivi che determinano il rapporto di fronte a se stesse e a ciò che è altro da sé, indica il passaggio "necessario" dall'atto di appartenere all'altra all'assumere di appartenersi: dall'intimità al sapere elle donne.
ENTRO I CONFINI, LUNGO I MARGINI
Analisi di un percorso di emancipazione e di presa di coscienza della propria condizione di donna attraverso le fasi importanti della costruzione di un'immagine e di una carriera, quella di orientalista. L'articolo è costruito sul parallelismo tra i momenti decisivi attraversati dall'orientalismo in quanto disciplina e professione e ciò che l'autrice ha assunto nella sua vita privata in quanto donna durante gli ultimi trent'anni: processo di decolonizzazione, terzomondismo, crisi progressiva delle istituzioni e delle aggregazioni sociali e politiche tradizionali occidentali, sono interpretati alla luce di un avvicinamento costante al femminismo, inteso anche per le implicazioni che esso ha avuto e continua ad avere per quanto riguarda l'atteggiamento scientifico e professionale dell'autrice. La prospettiva è quella di vedere, in modo non assertorio o definitivo, a che cosa una donna appartiene e che cosa le appartiene.
LA VITA DIETRO LE IMMAGINI. Ulrike von Kleist (1774-1849)
Sorella del celebre poeta, di lei si sa quasi esclusivamente quel che suo fratello ne ha detto nella sua corrispondenza. I documenti d'archivio esistenti sono ancora da studiare. Niente o assai poco lei ha detto di sé stessa. Perché dunque cercare di ricostruire la sua vita? Due sono le principali ragioni: la prima perché è interessante decodificare il meccanismo di quel che suo fratello dice di lei e precisamente l'accusa che lui le muove di non essere abbastanza femminile e, nello stesso tempo, di non essere un uomo. Siamo in presenza di un cliché, relativamente abituale e corrente soprattutto applicato ai personaggi femminili della cerchia familiare dei grandi uomini, in particolare quando essi hanno un rapporto di dipendenza economica. La seconda ragione è rappresentata da una lettura in positivo dei rari segni a partire dai quali si può penetrare più direttamente nella sua vita. Soltanto in vecchiaia, quando la sua posizione economica è solida e le sue eventuali aspirazioni femminili sono tramontate, Ulrike osa esprimere in parole il disagio e l'angoscia di essere stata una "sorella" e non una "donna".

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