Storia della buonanotte per bambine ribelli di Francesca Cavallo e Elena Favilli, Mondadori, 2017

Storie della buonanotte per bambine ribelli è arrivato anche in Italia, edito da Mondadori. Una raccolta di “100 vite di donne straordinarie”, come recita il sottotitolo, 100 biografie di donne che in qualche modo hanno lasciato il segno. Il progetto, nato da Elena Favilli e Francesca Cavallo, è uno dei libri più finanziati nella storia del crowdfunding. L’idea è stata realizzata grazie al supporto delle persone che hanno sostenuto la pubblicazione del libro sulla piattaforma Kickstarter da aprile 2016 fino all’ottobre dello stesso anno. Durante i sei mesi è stato raccolto oltre un milione di dollari che ha permesso la realizzazione della versione americana del libro, pubblicata a novembre 2016, che ha venduto 90.000 copie. Chi sono le 100 donne raccontate nel libro? Appartengono a molte epoche, dalla lontana Hateshepsut che governò l’Egitto 1500 anni prima di Cristo alla giovane nuotatrice rifugiata siriana dei giorni nostri, Yusra Mardini. Si sono distinte negli ambiti più disparati, dallo sport, alle arti, alla tecnologia, all’attivismo e alla politica. Così troviamo la tatutatrice Maud Stevens Wagner e la Direttrice d’orchestra Xian Zahng, la pilota di Formula1 Lella Lombardi e la biologa marina Sylvia Earle. Hanno attraversato tutti i continenti, dalle zone rurali a quelle metropolitane, dai villaggi di campagna delle Maurizius in cui Ameenah Gurib-Fakim apprese le conoscenze fitoterapiche prima di diventare Presidente del suo Paese, fino alle strade di Montgomery, Alabama, sull’autobus in cui Rosa Parks non volle cedere il suo posto. Ci sono donne più note, oramai anche alle bambine, e donne le cui biografie non troveremo (mai?) in nessun manuale scolastico, e sono tutte nominate al femminile. Ciascuna biografia è accompagnata da un’illustrazione diversa, cosicché il libro è anche una carrellata di illustratrici – chi in modo più didascalico, chi con maggior forza evocativa – che hanno raccontato per immagini i volti di queste donne. Come sono scritte le biografie? Partono tutte con “C’era una volta”, la formula magica che avvia ogni fiaba e, in questo caso, introduce la caratteristica talentuosa della donna, può essere un tratto caratteriale o una dote spiccata; segue un episodio biografico che fa da ostacolo all’affermazione della protagonista, spesso la famiglia d’origine o il contesto sociale; infine, la determinazione porta queste donne a raggiungere il risultato per cui si sono alacremente impegnate, per dirla con le parole della biografia dell’architetta Zaha Hadid, “Sapeva sempre cosa voleva e non si dava pace finché non lo otteneva”. Il lieto fine è dunque la realizzazione del sogno da bambina ed il riconoscimento sociale, storico, o della propria comunità di appartenenza a coronamento del successo. Il libro in queste settimane circola nella mia classe, una quarta elementare, riscuotendo molto successo. Il titolo che lo indirizza immediatamente alle bambine non costituisce un limite per i bambini, incuriositi anche loro dalla varietà delle protagoniste e delle illustrazioni. Le biografie non saziano la curiosità di saperne di più. Aprono uno spunto, spesso troppo risicato, perciò di alcune donne la classe ha voluto cercare elementi maggiori, l’immagine vera, il video, ad esempio, della primatologa Jane Goodall con gli scimpanzé, o la canzone “Brides for sale” contro i matrimoni forzati della rapper Sonita Alizadeh. E’ questo, credo, uno dei limiti del libro: la carrellata non permette la profondità. Sicuramente amplia il ventaglio di modelli, e ce n’è un enorme bisogno per poter contribuire alla faticosa opera di decostruzione degli stereotipi di genere, tuttavia rischia – nel voler semplificare – di banalizzare alcune biografie. Le bambine e i bambini hanno bisogno di conoscere la complessità, che non deve spaventare il mondo adulto, basti pensare a molti testi per l’infanzia in cui le protagoniste femminili sovvertono l’ordine esistente o perlomeno i suoi presupposti logici, o più semplicemente i suoi modelli consolidati. Si pensi ad Alice nel Paese delle Meraviglie, perduta ed ostinata, non un personaggio creato come anti-stereotipo ma indubbiamente divenuto divergente, o più semplicemente Pippi Calzelunghe, finanche Jo March. Il libro ha suscitato in Italia alcune critiche per la scelta di inserirvi donne come Margareth Tatcher che di ribelli in senso anti- sistemico non hanno nulla, anzi, sono state pienamente funzionali ai poteri economici e politici in cui hanno conquistato una posizione di rilievo. In questo senso il libro, senza volerlo, ci interroga anche sul potere: accedere a ruoli ritenuti prestigiosi, avere successo in carriere prima inaccessibili alle donne, essere presentati come un modello perché si è mogli di un uomo importante: questi aspetti cambiano qualcosa nell’assetto che determina anche le relazioni tra i generi? Nulla, lo sappiamo, e forse una riflessione su cosa significa essere ribelli era giusto che attraversasse la scelta delle biografie, visto che l’aggettivo è contenuto direttamente nel titolo. Comunque, poco male: si può rimediare discutendo con i bambini e le bambine che leggeranno il libro, che rimane comunque un contributo all’impresa titanica di raccontare la storia delle donne. Per questo lo teniamo nello scaffale a scuola insieme ad altri titoli sapendo che non tutto si risolve con l’anti-stereotipo: non basta, cioè, pareggiare il conto con gli uomini in termini di presenza quantitativa. C’è chi vuole una fetta della torta e chi, invece, vorrebbe cambiare tutta la ricetta, sentivo dire in passato alle femministe che più radicalmente si erano battute affinché il cambiamento delle relazioni di potere tra i generi – il potere del genere maschile su quello femminile – aprisse la strada ad una reale trasformazione di tutta la società. Nella narrativa per l’infanzia, che finalmente anche in Italia si apre negli ultimi anni all’integrazione di uno sguardo di genere, alla decostruzione degli stereotipi, alla ricerca di strade espressive nuove, non siamo tutte ribelli, nonostante le buone intenzioni. Alcune di noi forse vogliono solo poter usare il bagno delle femmine a scuola se sono transgender, come insegna la storia di Coy Mathis, una delle 100 donne presenti nel libro, che lottò con la sua famiglia per il diritto ad essere ciò che sentiva di essere, ovvero una bambina. Che questa raccolta includa anche lei è un segno di uno sguardo che sta cambiando, parziale, incompleto e tuttavia è una mattonella che può degnamente lastricare la nostra strada insieme alle altre.

 

Pina Caporaso in DWF (112) Dalla parte delle eroine. Istruzioni per l’uso, 4, 2016