Cattive ragazze, Assia Petricelli e Sergio Riccardi, Sinnos, 2013

La rivoluzionaria ghigliottinata dal Terrore giacobino, l’intrepida giornalista d’inchiesta, la regista che rese popolare il cinematografo, l’intellettuale del dissenso ad ogni religione, la garibaldina che si travestì da uomo, l’unica scienziata ad aver vinto due premi Nobel, l’agitatrice che passò dalla parte del popolo, la ciclista che corse insieme agli uomini, la pantera delle intersezioni tra genere-classe-razza, la fotografa che organizzò la più situazionista resistenza al nazismo, colei che da un pueblo del sud unì le donne ai minatori, la ragazza che rifiutò di sposare il suo stupratore, la mama Africa che morì tra i suoi fratelli, l’attrice ed ingenera che aprì la strada al wifi, la partigiana – non solo staffetta – che ci regalò la libertà.

Non ha confini geografici né temporali la ricca galleria di Cattive ragazze che popola il graphic novel di Assia Petricelli (sceneggiatrice) e Sergio Riccardi (illustratore). Non solo luoghi e tempi differenti, è anche la varietà di interessi, passioni ed ambiti che queste 15 donne hanno frequentato, perseguito, raggiunto, arricchito, che nutre l’immaginario, ampliando quella ricerca di possibilità certamente non solo professionali e lavorative ma, prima ancora, legate alla percezione di se stesse, di cui bambine e ragazze hanno ancora incredibilmente bisogno.
Il bisogno è dettato da logiche di mercato spietate, che riportano ad una genderizzazione che credevamo – erroneamente – superata grazie al dibattito pedagogico intorno all’infanzia sviluppatosi negli anni Settanta-Ottanta e che, invece, torna prepotentemente ad orientare tutti i prodotti destinati all’infanzia ed ai young adult. E’ un bisogno che riguarda bambine e bambini, ragazze e ragazzi, che chiama in causa anche il mercato del libro e del fumetto, incline spesso a proporre intere collane per maschi o per femmine, con una facile riproposizione di stereotipi legati ai ruoli di genere.

Cattive ragazze si inscrive in un filone diverso, che in Italia sta provando ad ampliare il ventaglio di possibilità legate ai generi. Eppure la cosa interessante non è solo il ricorso all’antistereotipo, ovvero ad un altro modello che sovverta quello tradizionale. L’aspetto più dirompente di questo fumetto è la scelta di figure femminili divergenti rispetto ai poteri, tutti: autoritari, nati da una rivoluzione, religiosi, dettati dalle consuetudini, imperialisti, colonialisti. Per questo motivo, il libro può piacere molto anche ai ragazzi, perché sono 15 storie che raccontano nient’altro che il desiderio di libertà, l’importanza e la bellezza di sentirsi ispirati dalla passione, la grande determinazione, il coraggio di compiere delle scelte controcorrente.

Ne ho una piccola prova che arriva dal mio lavoro, io insegno nella scuola elementare ed ho una seconda. Quest’anno mi è capitato di attingere alle biografie di questo libro due volte. La prima è stata una scelta poco convenzionale. Dovevo spiegare la regola grammaticale secondo cui le parole della scienza e della coscienza si scrivono con la -i nel mezzo. Volevo una scienziata e ho scelto Marie Sklodowska Curie, abbiamo letto la storia del suo sodalizio intellettuale e sentimentale con Pierre e da lì abbiamo dedotto un’idea della scienza che rompa l’immagine di una disciplina hard, senza tempo né spazio per altro, figuriamoci per i sentimenti. La – i di scienza è la stessa – i di innamorati, come lo furono Marie e Pierre: questo lo stratagemma trovato dalla classe per non incorrere nell’errore grammaticale e ricordare quella -i che spesso sfugge alla memoria. Il bellissimo disegno di Marie Curie tra le vetrerie da laboratorio è appeso in classe a ricordarci una donna che seppie compiere scelte incredibili, come quella di correre al fronte con l’unità mobile insieme a sua figlia per curare i feriti di guerra in tempo reale, o di non brevettare le scoperte che fece con il marito per lasciarne il libero utilizzo a scienziati e scienziate.
Una seconda storia, anche quella di grande successo in classe, l’abbiamo letta di recente, in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione, il 25 aprile. Il giorno prima, due bambini mi hanno chiesto cosa avremmo fatto in classe per questa data di cui avevano sentito parlare in tv. E anche qui, la bellissima storia della Resistenza attraverso la vita di Onorina Brambilla ha conquistato tutti e tutte. E’ stata la prima volta che molti di loro, avendo solo sette anni e i nonni piuttosto giovani, hanno sentito parlare della seconda guerra mondiale, del nazi-fascismo, della Resistenza. E allora, mi chiedo: che effetto avrà su di loro aver incontrato, per prima, una partigiana? Ciò che continua a stupirmi è che i bambini e le bambine non stanno a contare le quote ma vanno dritti al cuore del problema e, ad esempio, si accalorano quando Nori vuole unirsi agli uomini che stanno combattendo nella Resistenza e sentono che non le basta occuparsi di stampa clandestina. Per questo il racconto biografico è sempre una chiave potente, capace di scardinare ciò che riteniamo immutabile: le vite raccontano i fatti, le scelte, le azioni e di fronte al reale, al concreto, all’esperito, l’infanzia si lascia coinvolgere, sceglie da che parte stare. La vignetta finale di ogni storia, in cui spesso queste donne parlano direttamente a chi legge, rende la loro esperienza ancora più vicina e funziona quasi da passaggio di testimone. Nei giorni successivi a queste letture, una mia alunna durante la ricreazione diceva ai compagni, a voce molto alta «…un paese libero e la giustizia sociale!» e io non capivo. Le chiesi e mi rispose che «lo diceva alla fine della sua storia quella signora un po’ cicciotella con quella sottana lunga e le labbra grandi che c’era nel libro delle ragazze». A mia insaputa, aveva preso “il libro delle ragazze” dal mio armadietto ed era andata a leggersi la storia di Domitila Barrios e della rivoluzione boliviana, attratta dai lineamenti marcati di questa donna sudamericana. Di questo graphic novel si apprezza molto anche l’alta leggibilità pensata per chi ha problemi di dislessia o difficoltà di lettura, con l’utilizzo del font leggimi (copyright Sinnos, progettato per facilitare la lettura) e la disposizione dei baloon che segue sempre l’ordine dei dialoghi.

Cattive ragazze ha vinto il premio Andersen 2014 come miglior libro a fumetti, con questa motivazione: «Per un libro che coniuga perfettamente la struttura narrativa del fumetto con i registri della biografia. Per una narrazione che, scegliendo di raccontare un universo femminile, va oltre stereotipi e questioni di genere e, con un approccio accattivante e incisivo, invita alla riflessione, emozionando e coinvolgendo».

E per chiudere con un indice, che è un omaggio ma anche un dovere –perché nominare fa bene, sempre – le protagoniste del libro, in ordine di apparizione: Olympe De Gouges, Nellie Bly, Elvira Coda Notari, Nawal El Saadawi, Antonia Masanello, Marie Curie, Aleksandra Kollontaj, Alfonsina Morini Strada, Angela Davis, Claude Cahun, Domitila Barrios De Chungara, Franca Viola, MiriamMakeba, Hedy Lamarr, Onorina Brambilla.
Perché ciò che è stato reale quando sembrava impossibile ridefinisce radicalmente ciò che possibile sarà.

Pina Caporaso in DWF (105-106) A tratti femminista, 2015, 1-2