SCATENATE. Quelle che lo sport…, DWF (125) 2020, 1

Editoriale

“Sei una scatenata!” Quante volte ce lo siamo sentite ripetere da bambine, perché troppo esuberanti, troppo attive, troppo impegnate in giochi ‘da maschio’. S-catenarsi, liberarsi dalle catene, è un gesto inevitabile per le bambine ogni volta che scelgono di godere di qualcosa che è loro socialmente precluso: correre molto veloci, arrampicarsi, fare la lotta nel fango, giocare a pallone. Ma scatenate sono anche le sportive che rifiutano i limiti imposti da un mondo ancora troppo maschile e scelgono di sperimentare nuovi modi di intendere la disciplina a partire dal lavoro col corpo. Libere dalle catene e irriverenti.

La possibilità di fare sport non è storicamente scontata per le donne, relegate ad alcune discipline anziché altre o inquadrate in regimi corporei stringenti, dove la muscolatura e la prestanza fisica devono essere subordinate al mantenimento di un certo canone di femminilità e tenute lontane dallo stigma del lesbismo. I cambiamenti sono stati molti a partire da quel 1922, quando a Parigi la Federazione Sportiva Femminile internazionale, esclusa dalle moderne Olimpiadi di Pierre de Coubertin, organizza i primi Giochi Olimpici Femminili, permettendo così alle donne di accedere alle Olimpiadi nel 1928. Eppure, a distanza di un secolo, le strutture sessiste di esclusione nel mondo dello sport rimangono, nel contesto professionistico e non.

L’estate 2019 ha però segnato un passaggio nell’immaginario comune: un po’ per caso – vista l’esclusione della squadra maschile dai mondiali di calcio e la necessità di convertire i milioni già spesi dagli sponsor –, un po’ per fortuna e molto per il lavoro fatto in precedenza, la partecipazione della squadra italiana ai mondiali femminili e la grande copertura mediatica avuta, hanno catalizzato l’attenzione generale per settimane. Questo “imprevisto”, le donne che giocano a calcio e lo fanno ai mondiali, ha spostato l’asticella di un mondo dello sport ancora arroccato su regole, parole e immagini declinate al maschile. L’evento, con tutte le contraddizioni del caso, ha senz’altro prodotto nuovi modelli a disposizione delle giovani generazioni, e ha aperto uno spazio di possibilità. Uno spazio di libertà.

Un cambiamento su cui abbiamo iniziato a interrogarci, a partire da noi, dalle nostre esperienze, consapevoli che lo sport non è stato al centro delle rivendicazioni ed elaborazioni dirette del movimento femminista. Basti pensare che questo è il primo numero che, dal 1975, DWF dedica interamente allo sport. Che cosa significa approcciare una disciplina sportiva per chi ne è storicamente stata esclusa? Cosa cambia dopo? Cosa emerge dalle pratiche delle sportive contemporanee? Cosa ci raccontano della relazione col corpo? Di quali nuovi modelli e immaginari abbiamo bisogno?

Dalle risposte che abbiamo cominciato a darci sentivamo emergere alcuni punti. Al centro il ruolo del corpo, da sempre nucleo della riflessione femminista: un corpo allenato e plasmato dalla disciplina sportiva e costantemente a contatto col proprio limite. Ma anche esposto al confronto con modelli iper-femminilizzati che non lasciano spazio alla molteplicità di corpi altri – tonici, muscolosi, sportivi tanto quanto ‘fuori forma’. L’immagine di un corpo in rapporto con il sacrificio e lo sforzo, il sudore e i suoi fluidi: ci siamo chieste ad esempio se le mestruazioni nell’agonismo fossero ancora un tabù, e quanto ancora si pensi che una ciclicità cosi naturale possa influire sulla prestazione sportiva. E ancora, cosa significa diventare madri rispetto alla carriera sportiva, se e quanto la scelta della maternità sia ancora ‘ostacolo’ al raggiungimento di obiettivi sempre più sfidanti.

Sfida, competizione e conflitto sono gli altri elementi su cui ci siamo soffermate, per indagare quanto lo sport diventi pratica di relazione fra donne, fonte di comunità e dimensioni collettive: lo sport come dimensione sociale e politica nella vita delle donne, ma anche come tema femminista.

Abbiamo cercato alcune risposte nel modo che preferiamo: intrecciando gli sguardi e le esperienze di donne con cui siamo in relazione politica, e che a partire dal proprio vissuto hanno molto da raccontare.

Ne è emerso che la pratica sportiva è innanzitutto una riappropriazione del rapporto col proprio corpo in cui riscrivere e risignificare la vulnerabilità, un implicito del femminile (Trovarelli), e veicolare una forza, spesso inattesa, in un movimento di auto-coscienza e auto-disciplina sportiva (Chiricosta, Leiss). L’autodifesa femminista diventa la risposta alla relazione antica e strutturata con la violenza: invertire l’ordine delle cose, mettere in discussione (Kilde), così come le discipline da combattimento ci parlano della relazione con l’altra: «C’è qualcosa di erotico in due persone che si allenano o che combattono insieme: sono singole ma non possono che essere in relazione, confliggono toccandosi, devono vedere con precisione lo spazio occupato dal proprio corpo e dal corpo dell’altra. Una specie di dialogo sensoriale che non può prescindere dalla conoscenza di te e dell’altr*» (Bilancetti e Settembrini).

E’ sull’accesso del corpo delle donne allo spazio pubblico che si gioca tutta la questione politica: «Quello che spaventa è l’entrata nello spazio pubblico di un soggetto per molto tempo relegato al privato, la messa in discussione dell’eteronormatività e la definizione di un soggetto che sa difendersi» (Virgili). E il partire da sé svela la fatica che tutte conosciamo nel rompere gli schemi e superare le strutture ancora radicate in quel donne ‘e’ sport che accosta le categorie senza connetterle (Passarelli, Sclocco), anche nel linguaggio dell’informazione (GiULiA Giornaliste). Eppure, c’è chi dello sport visto con lenti femministe ne fa una scommessa editoriale indipendente dando vita a nuove narrazioni (Leccardi/Bonu).

In questo numero lo sport emerge sia come parola di sé, sia come percorso di scoperta e autodeterminazione. Un intreccio di attualità e storia personale, che racconta la commozione durante l’epifania dei mondiali femminili 2019 (Forenza) e la liberazione di desideri per troppo tempo censurati: “da quel momento ho concesso a me stessa di essere tutto” (Cagnamaledetta). Ma anche lo sport come pratica collettiva, cura della cosa pubblica, che diventa risposta politica al vuoto istituzionale e contrasto al degrado e alla microcriminalità (Atletico San Lorenzo).

Nella sezione Poliedra, ospitiamo il saggio di una giovane ricercatrice che mette a fuoco la relazione tra la dimensione letteraria e quella teorica nel pensiero femminista nell’Italia degli anni Novanta. Tema ancora poco indagato (Frasisti).

Ci piace pensare che questo numero di DWF sia il primo di una serie di scorrerie femministe in ambiti meno trattati e politicamente osservati, come in questo caso lo sport. Si tratta di incursioni che a volte restituiscono in maniera plastica quanto la nostra politica abbia inciso e trasformato le donne in maniera profonda e incontrovertibile. Ci fa bene, fa bene alle altre. Soprattutto alle donne del futuro.

(gb, tdm)

Indice

MATERIA

UNA SPETTRA SI AGGIRA PER L'EUROPA. Ed è molto in forma
IT - L’evidente incremento della partecipazione sportiva delle donne che si è verificato negli ultimi anni, a diversi livelli e in diverse discipline, ha scatendato un acceso dibattito, sia nei media mainstream che discussioni e ricerche a livello accademico. Se in quest’ultimo ambiente allora si cercano di comprendere le cause e gli effetti di questa inclusione/esclusione, il dibattito mediatico sembra caratterizzato da stupore e scetticismo, oltre che da un pervasivo sessismo. Interpreto qui queste reazioni come paura. Scopo di questo breve scritto è capire su cosa sia fondata questa paura. Dopo aver fatto una brevissima panoramica storica sulla presenza, o meglio l'assenza, delle donne dello sport, individuo tre assi che determinano questa paura e che sono intersecate tra loro: quello che spaventa è l’entrata nello spazio pubblico di un soggetto per molto tempo relegato al privato, la messa in discussione dell’eteronormatività e la definizione di un soggetto che sa difendersi. Al centro delle tre assi sta proprio la messa in discussione di un ordine, quello eteronormativo, che rende intelligibili solo i due generi nella misura in cui rispettano l’aderenza al sesso biologico, i canoni sociali di questi generi e l’orientamento eterosessuale.?Fortunatamente ci sono diverse strategie che le atlete stanno mettendo in atto per scardinare queste norme. // // // EN - The evident increase in women's participation in sport in recent years, at different levels and in different disciplines, has sparked a heated debate, both in the mainstream media and in academic discourse and research. If in the latter environment attempts are made to understand the causes and effects of this inclusion/exclusion, the media debate seems to be dominated by astonishment and skepticism, as well as pervasive sexism. I understand these reactions here as fear. The aim of this short paper is to understand what this fear relies on. After a very brief historical overview on the presence, or rather the absence, of women in sport, I will identify three axes that determine this fear and that are intertwined: the entry into the public space of a subject for a long time relegated to the private sphere, the challenge of heteronormativity and the definition of a subject that knows how to stand up for itself. At the center of these three axes lies the questioning of an order, the heteronormative order, which only makes the two genders intelligible in so far as they respect the adherence to the biological sex, the social canons of these genders, and the heterosexual orientation. Fortunately, there are several strategies that athletes are putting in place to break these norms.
NOTTI MAGICHE. Quel sogno che comincia da bambine
IT - L’autrice racconta l’intreccio tra passione per il calcio e personale percorso di soggettivazione femminista. Narrando ricordi di infanzia, esperienze di discriminazione vissuta, la gioia dell’esperienza del calcetto femminista, la scommessa della Nazionale femminile delle parlamentari, l’autrice si sofferma, da un lato,  sul maschilismo e i processi di esclusione che si sono consumati sulla “linea del campo” da calcio in Italia; dall’altro lato,  sui cambiamenti che sono finalmente in campo per le ragazze, per le bambine, per quelle che il calcio… // // // EN - The author tells the story of the interweaving of passion for football and personal feminist subjectification. Narrating childhood memories, experiences of discrimination, happiness gained from the experience of feminist five-a-side football, and the challenge of the national women's team of parliamentarians, the author dwells, on the one hand, on masculinism and the processes of exclusion that have taken place on the "field line" of football in Italy; on the other hand, on the changes that are finally taking place “on the pitch” for girls.
“TUTTO CAMBIA SE CAMBI TU”. Il corpo, la mente, la disciplina
LA VOGLIA DI VOLARE. Storia di una pole dancer
RICONOSCERE IL PROPRIO CORPO. Limiti, forza e consapevolezza negli sport da combattimento
IT - La Muay Thai è un’antica arte marziale thailandese che utilizza pugni, calci, ginocchiate, gomitate e prese (clinch), ora diffusa in tutto il mondo. Se da una parte, come in molti altri sport, la presenza di atlete donne è osteggiata da un sistema tradizionalista e da un ideale normativo di femminilità, delicata e da proteggere, dall’altra l’esperienza effettiva delle combattenti mostra il processo di profondo empowering avviato nella pratica di uno sport da combattimento. Le autrici, appassionate di Muay Thai, ripercorrono la loro esperienza, la scoperta, i primi allenamenti, i combattimenti e la fatica, ma soprattutto il processo di profonda ridefinizione del rapporto con il proprio corpo, con il corpo delle altre e con lo spazio circostante. Nel tratteggiare questo percorso, è l’idea stessa di forza che acquisisce nuovo senso: forza come osservazione, forza come capacità di sentirsi, forza come relazione. // // // EN - Muay Thai is an ancient Thai martial art involving punches, kicks, knees, elbows and grips (clinch), now widespread all over the world. While on the one hand, as in many other sports, the presence of female athletes is contested by a traditionalist system and a normative ideal of femininity, delicate and vulnerable, on the other hand, the actual experience of the fighters shows the process of deep empowering undertaken in the practice of a combat sport. The authors, who are passionate about Muay Thai, retrace their experience, discovery, first training, fighting and fatigue, but above all the deep process of redefining their relationship with their own bodies, with the bodies of others and with the surrounding space. In outlining this path, it is the very idea of strength that acquires new meaning: strength as observation, strength as ability to feel, strength as a relationship.
ORGANIZZARE LA RABBIA. L'autodifesa femminista in Spagna
PENTESILEA. Percorsi di autocoscienza combattente femminista
ANTISESSISMO, ANTIRAZZISMO E SPORT POPOLARE. Un racconto collettivo
DONNE E SPORT. Un altro genere di gioco
IT - L’articolo esamina nella prima parte la rappresentazione delle atlete da parte dei media tradizionali e nella seconda come esse stesse invece si autorappresentino nei social. La stampa e la pubblicità impiegano stereotipi e cliché non molto diversi da quelli attribuiti alle donne in altri campi, dalla politica al mondo della cultura; le sportive inoltre devono affrontare anche altre discriminazioni: la disparità nel trattamento economico, l’esiguità del numero di donne elette nelle strutture dirigenti e la scarsa promozione dello sport femminile. Passando al mondo dei social l’articolo focalizza l’attenzione sulla voce delle atlete che, tramite i loro profili instagram, sono divenute finalmente padrone della loro rappresentazione. Il modello della donna atleta viene contrapposto a quello delle beauty influencer, dominante nel mondo social. In tal modo vengono poste in risalto le potenzialità dello sport femminile, i messaggi di empowerment trasmessi dalle atlete più amate tra i followers, la necessità di incentivare la pratica sportiva tra le ragazze. // // // EN - In the first part the article discusses the representation of female athletes in the traditional media while the second part examines how they represent themselves on social networks. Press and advertising use stereotypes and clichés that are not very different from those attributed to women in other areas, from politics to culture. Sportswomen also face other forms of discrimination: unequal economic treatment, low numbers of women elected to management structures and insufficient encouragement given to women's sport. Moving on to the world of social media, the article highlights the voice of women athletes who, using their instagram profiles, have finally become masters of their representation. The female athlete's model is compared to that of the beauty influencer, dominant in the social world. In this way the potential of women's sport is highlighted, as are the messages of empowerment conveyed by the most popular athletes among followers, and the need to encourage the practice of sport among girls.
MEDIA, DONNE, SPORT. Idee guida per una diversa informazione
DINAMICHE. LO SPORT NELL’EDITORIA FEMMINISTA INDIPENDENTE. Intervista a Ilaria Leccardi

POLIEDRA

UNA STORIA ECCENTRICA. Il pensiero femminista tra teorie, narrazioni e invenzioni nell'Italia degli anni Novanta

SELECTA

Recensioni: Chiricosta/Castelli; Ferrando/Pinto