DWF
donnawomanfemme
Roma, Editrice coop. UTOPIA, 1986-

Mostrare il cambiamento. Donne politica spettacolo II, 2006, n. 1


NOTA EDITORIALE
di Paola Bono

"In questo numero di DWF si parla dell’individuazione di alcune figure di donne contemporanee significative nelle arti performative, e di altre donne capaci di far emergere la politicità del loro lavoro in termini parlanti per la nostra sensibilità. Per nostra intendendo quella di donne, ormai di diverse generazioni e sicuramente di diverse esperienze, accomunate però da una appartenenza di genere scelta e non subita, autonomamente significata nella relazione con altre, e dall’amore per la libertà femminile e per quella trasformazione di sé che chiama in causa il mondo.

Artiste di formazione diversa, provenienti da una varietà di luoghi e di culture, non necessariamente femministe (anzi, in alcuni casi – Sarah Kane, Ariane Mnouchkine – quasi infastidite dalla possibile imposizione di una connotazione sessuata al loro lavoro), donne di spettacolo in una accezione ampia del termine: drammaturghe, registe, attrici, artiste della performance, da “leggere” a nostro vantaggio, per quel di più del linguaggio artistico che sa dire oltre le intenzioni di chi dice e che – soprattutto nelle arti performative, dove il corpo è segno e significato – non può mantenere una opaca neutralità.

Alcune di queste donne sono "...Julia Varley – attrice dell’Odin Teatret; Odile Sankara e Werewere Liking– eclettiche donne di spettacolo africane; Sarah Kane e Caryl Churchill– drammaturghe inglesi di due generazioni successive; Ariane Mnouchkine – regista geniale e innovativa; Marina Abramovic´ – performer e figura di primo piano nelle arti visive..."

MATERIA

Rendere visibile l’invisibile: il corpo politico di Marina Abramovic'
di Cristina Demaria


Come può una performance trasformare un corpo femminile in un corpo politico, con ciò rendendo visibili e, possibilmente, decostruiti, gli stereotipi ad esso collegati? Come può una pratica artistica - incentrata sul corpo - proporre nuove letture della soggettività ancorata a questo corpo? Iniziando da queste domande, l'articolo si concentra su alcune performances di Marina Abramovic', una visual artist serba nata in Montenegro, che ora vive ad Amsterdam. L'articolo esplora gli esperimenti della body art degli anni Settanta accompagnati da dolore, fino ai suoi lavori dedicati ai conflitti nei Balcani e ai "relational objects" degli anni Novanta. Cercando di mostrare come il corpo diventa, in ogni singolo caso, un testo da scrivere, e dal quale iniziare a riscrivere significati e relazioni, l'articolo indica come le performances di Abramovic' possono essere esempi unici e originali di come l'identità femminile possa essere spostata, e con ciò ri-piazzata (re-interpretata), in un corpo politico (o in una politica del corpo) che sfugge ad ogni specifica "ideologia del visibile".

Werewere Liking: un’arte del desiderio
di Sara Tagliacozzo

Werewere Liking è una scrittrice e un'artista del Cameroon che ha fondato una comunità urbana di artisti, Ki-Yi Village, ad Abidjan, in Costa D'Avorio, nel 1985. Questa comunità è diventata famosa soprattutto per il suo teatro, un caso davvero interessante di sintesi fra le riflessioni teoriche di Liking sul cambiamento della società e la rigenerazione, e l'esperienza sociale della stessa comunità. Per quasi vent'anni questo gruppo ha recitato una parte importante nella "lotta per l'identità" africana (Bhabha), resistendo all'egemonia dei discorsi nazionalisti e maschilisti. La stretta relazione fra i discorsi di Liking e la sperimentazione del Ki-Yi Village, ha portato l'autrice a considerare l'intero fenomeno (discorso, pratica sociale e lavoro artistico) come una sorta di movimento profetico. Il profetismo di Liking ha tuttavia rivelato da solo di appartenere ad una specie particolare: un profetismo artistico. Il nucleo della sua profezia è il ruolo delle arti, e della creatività, nel processo di rigenerazione nelle società africane contemporanee.

Caryl Churchill: nel contesto della storia
di Cristina Polverini

La fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta furono un periodo di grandi cambiamenti in tutto il mondo occidentale; il movimento studentesco, il movimento pacifista, il femminismo...e una diffusa voglia di sperimentare che si fece sentire in ogni campo artistico. Per la drammaturga inglese Caryl Churchill, gli anni Settanta furono anche un punto di svolta, personale e professionale, grazie al suo lavoro con due compagnie teatrali - Monstrous Regiment e Joint Stock - che furono entrambe impegnate politicamente e desiderose di sperimentare nuove forme e nuove tecniche.

POLIEDRA

DWF online: la nascita di un progetto
di Rachele Muzio

Cosa significa per una giovane donna con poca esperienza del femminismo, lavorare per un sito femminista? Questa è la storia del restyling di DWF online: come tutto è iniziato da una telefonata e come si è svluppato attraverso la creazione di una nuova relazione fra la webmistress e le donne della redazione. Il lavoro in progress sul sito. La storia del crescente coinvolgimento e dell'interesse e l'attenzione dell'autrice, nei confronti di autrici, lettrici e utenti di DWF - senza tralasciare alcuni aspetti comici.

SELECTA

Recensioni
di Festinese

(a cura di) GIULIA FANARA e FEDERICA GIOVANNELLI, Eretiche ed erotiche. Le donne, le idee, il cinema, Napoli, Liguori, 2004, pp. 487

"Eretiche ed erotiche raccoglie una serie di saggi del periodo “classico” della Feminist Film Theory, argomento piuttosto trascurato dall’editoria italiana, ripercorrendo alcune delle riflessioni prodotte sul cinema nel contesto angloamericano. Il volume esplora in particolare gli anni Ottanta, quando si approfondiscono le analisi iniziate nel decennio precedente – soprattutto per quanto riguarda i dispositivi del cinema classico hollywoodiano – e arriva fino agli anni Novanta in cui si affacciano nuove questioni, come il rapporto del femminismo con il postmoderno o il femminismo posterzomondista...
...Federica Giovannelli introduce il tema centrale della Feminist Film Theory: parla di un corpo di donna che si riappropria della sua immagine, partendo dalla materialità del corpo spossessato...
...Giulia Fanara individua quattro snodi fondamentali per analizzare il discorso delle donne: liberazione, dissenso, differenza sessuale, genere...Fanara descrive poi gli obiettivi principali della Feminist Film Theory degli anni Ottanta: non definire categorie prefissate della differenza ma creare una mappatura dei modi in cui la differenza viene inscritta nella rappresentazione (rapporto tra rappresentazione e significato); dedicare uno spazio maggiore al problema del soggetto e del transito da un “soggetto della mancanza” a un soggetto femminile, femminista, lesbico, resistente. Infine Fanara arriva agli anni Novanta quando si trasforma il concetto stesso di genere, emerge quello di cyborg, si cerca una nuova definizione del politico, si prospettano altre differenze (sociali, di razza, ecc)..." (Valeria Festinese)

Le autrici

Cristina Demaria è ricercatrice presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna, dove insegna Semiotica, Semiotica della cultura e Teoria del testo. Ha scritto Teorie di genere. Femminismo, critica postcoloniale e semiotica (Bompiani, 2003) e sta ultimando un volume sui rapporti tra genere, violenza e memoria (Testi della memoria, Carocci, 2006).

Sara Tagliacozzo è nata a Torino, dove è stata per diversi anni socia dell’associazione Almaterra. Dopo aver seguito studi di antropologia e letteratura comparata all’Università di Siena e aver conseguito un master in scienze sociali (specializzazione in antropologia sociale e etnologia) presso l’Haute Ecole en Sciences Sociales di Parigi, si è addottorata in Letterature Comparate presso l’Università di Siena, in cotutela con il dottorato in Etudes Féminines dell’Università Paris 8, con una tesi sul profetismo artistico di Werewere Liking. È socia del CREA (Centro Ricerche EtnoAntropologiche), vive e lavora a Siena. (contatti: s.tagliacozzo@gmail.com)

Cristina Polverini è nata a Roma nel 1977. Divide la vita tra studio, teatro e sport. La curiosità la spinge a abbandonare gli studi scientifici intrapresi e ad avvicinarsi al mondo della letteratura. Si laurea al Dams di Roma nel 2004. Dall’incontro con mestre Paulinho nasce l’amore per il Brasile – il suo popolo, la sua cultura – e un libro: Capoeira. La danza degli dei (Roma: Castelvecchi, 2005).

Rachele Muzio è nata a Roma e vive a Viterbo. Si è laureata in Dams con una tesi (o meglio un sito) su “Cinema e teatro inglese”. Oggi lavora principalmente presso un piccolo editore e come webmistress per diversi siti oltre a quello di DWF.