IL NUOVO NUMERO DI DWF


Femminismi del mondo. A Sud, 2008, n. 3-4 (79-80)

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NOTA EDITORIALE, di Paola Bono

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NOTA EDITORIALE

di Paola Bono

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"Dopo “Che cosa vuole una donna” e “Femminismi d’Europa”, è questa la terza tappa del percorso intrapreso quest’anno da DWF, in un partire da sé che dall’interrogazione dei nostri desideri e disincanti rispetto alla politica e alle donne in politica ci ha portato a guardare altrove, prima a quanto accade in altri paesi europei e poi alla complessa e troppo sconosciuta galassia dei movimenti femminili/femministi dei Sud del mondo. Senza puntare a una panoramica esaustiva, ci siamo mosse come è nostro uso per relazioni, facendo leva sulla passione e sulle competenze di donne a noi vicine (Monica Luongo, Bianca Pomeranzi, Monica Capuani) per presentare esperienze significative che possono parlare alla nostra diversa realtà...

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Femminismi del mondo. A Sud
Introduzione
di Monica Luongo

"Mentre scrivo queste righe per DWF mi capita di rileggere Orientalismo di Edward Said. Scritto nel 1975, conserva una freschezza nell’analisi e soprattutto individua la persistenza di un approccio (quello del mondo occidentale nei confronti di quello orientale) che non muore, anzi appare rafforzato dalle campagne anti-terrorismo/antiislam. Scrive infatti Said:..."

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A che punto siamo tra Nazioni Unite, femminismo transnazionale e cooperazione.
Una lettura dell’agire delle donne nel mondo globalizzato
di Bianca Pomeranzi

"Difficile sfuggire alla domanda su quello che le donne hanno da dire sulla contemporaneità e su quello che rappresentano in una fase così complessa di transizione e di crisi di civiltà. Impossibile forse, per una femminista occidentale come me che cerca di mantenere un filo di un ragionamento avviato più di trenta anni fa, quando il partire da sé assumeva una passione radicale e una tensione rivoluzionaria, perché la presa di parola delle donne trasformava le regole della convivenza. Quel filo, agito nel movimento e nelle istituzioni, è ormai una matassa intrecciata e complessa, come le strisce da rammendo multicolori che apparentemente dovrebbero servire a riparazioni veloci e invece quasi subito si aggrovigliano al punto che non si riesce più a trovare il capo di ogni filo e non si può separarlo dagli altri senza strappi e ulteriori nodi..."

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Le femministe dell’Asia del Sud contro l’economia politica della morte
di Laura Corradi e Sangat

"Nel luglio 2006 un gruppo di quaranta femministe dell’Asia del Sud si incontrano per cinque giorni a Negombo, Sri Lanka, per il primo South Asian Feminist Meet organizzato dalla Sangat (South Asian Network of Gender Activists & Trainers), per interrogarsi sulle sfide e sulle prospettive dell’attivismo femminista nel ventunesimo secolo. L’acronimo “sangat” è anche una parola dotata di senso: in alcune lingue sudasiatiche significa “l’incontro di persone simili nella mente” e ben indica la forte enfasi che la rete pone sul comune sentimento, e sulla convinzione che il capirsi, la pace e la cooperazione siano necessari elementi di progresso nella regione. Scrivono nell’incipit della South Asian Feminist Declaration:..."

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Il femminismo indiano dall’osservatorio di Kali for Women.
Un’intervista con Urvashi Butalia
di Monica Capuani

"La casa editrice Zubaan, dove Urvashi Butalia ci ha dato appuntamento, si trova nel quartiere di Hauz Khas, che le guide definiscono la Soho di Delhi. Ovviamente delle guide bisogna diffidare, soprattutto quando si tratta dell’India, dove tutto è diverso da come lo vendono operatori e riviste di viaggio e dove le cose sono dieci volte più difficile di quanto ci si aspetti. Io e Simona Cagnasso, la fotografa con la quale sto affrontando questo viaggio, lo abbiamo capito sulla nostra pelle. Prendiamo un taxi dal centro, se Connaught Place si può definire “centro” rispetto a una città che si estende in modo sfuggente proprio come una macchia d’olio, con quartieri medioevali e zone residenziali a prato inglese che si appoggiano con disinvoltura gli uni sulle altre. Contrattiamo un prezzo con il tassista di turno e ci avventuriamo verso il sud della metropoli nel traffico strombazzante e venefico della capitale indiana..."

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Il diritto delle donne alla terra.
Una storia di lotta e cambiamento dal Brasile
di Beatrice Costa

"La recente crisi dei prezzi dei prodotti alimentari ha riportato all’attenzione dei media l’agricoltura, attività un po’ dimenticata dal cittadino occidentale medio, che visita più frequentemente i supermercati delle fattorie. Settore in cui è impiegato il 40% circa della popolazione mondiale con differenze intuibili per aree geografiche (si dedicano all’agricoltura quattro quinti degli etiopi e solo due statunitensi su cento) e per sesso (sono le donne a fornire il 60% della produzione alimentare asiatica). Guardando in particolare alla dimensione femminile della sovranità alimentare si scoprono elementi interessanti. Uno studio recente su 63 Paesi ha concluso che i miglioramenti nell’istruzione delle donne sono il contributo più significativo alla diminuzione della malnutrizione registrata tra il 1970 e il 1995...."


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L’esperienza del Mozambico
di Monica Luongo

"Nei primi anni Novanta la Cooperazione italiana (grazie a Bianca Pomeranzi) e la Ong Molisv/Movimondo (nella persona di Raffaella Chiodo Karpinsky) contribuiscono alla creazione di un Dipartimento di studi di genere all’interno del CEA (Centro Estudos Africanos) nell’università Edoardo Mondlane a Maputo, Mozambico (vedi Estudos Moçambicanos 2005). La guerra è appena finita e sono seguiti gli accordi di pace di Roma di cui più avanti scrive Chiodo Karpinsky. Si tratta di tempi in cui in Italia praticamente solo Pomeranzi e Paola Melchiorri parlano di femminismo transnazionale e si accorgono di quello che sta succedendo alle donne dei Sud del mondo: presa di parola, affermazione di sé, lobbying, creazione di nuove pratiche di relazione e intervento sul territorio. Soprattutto quello in Mozambico è uno dei primi tentativi di mettere in comunicazione due parti di mondo da parte della cooperazione italiana in ambito di genere..."


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A proposito della discussione sulla proposta di legge contro la violenza domestica: a che serve avere un grande numero di donne in Parlamento?
di Maria Josè Arthur

Da due legislature il Mozambico si distacca dal panorama africano e da quello internazionale in genere per il fatto di avere una grande percentuale di donne deputate nel parlamento nazionale. È un dato che è servito a mostrare il compromesso tra governo democratico e avanzamento delle pari opportunità. Da ciò sembrerebbe normale dedurre che avere un numero maggiore di donne al livello del potere legislativo darebbe maggior rilievo alle necessità e agli interessi delle donne, proprio perché esiste uno spazio per affermare una agenda al femminile. Abbandonando il tono trionfalista molte voci, in particolar modo le Ong che lottano per i diritti umani delle donne si interrogano su questa corrispondenza automatica. In altre parole, sarà sufficiente essere donna, avere utero, ovaie e seno per essere automaticamente sensibili ai problemi delle donne e alle strutture che le discriminano e opprimono? Chi sono le donne deputate? Quale il loro percorso? Come sono arrivate al potere e quali ostacoli incontrano? Hanno libertà di voto in dissonanza con il gruppo politico di appartenenza quando si tratta di difendere gli interessi delle donne anche quando questi non portano al consenso?..."

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Una donna, le radici delle relazioni italiane con il Mozambico
di Raffaella Chiodo Karpinsky

"...Comincia così un breve capitolo biografico scritto con Bianca Maria Scarcia Amoretti per una pubblicazione dedicata alle donne che hanno contribuito in modo significativo a costruire la storia del nostro paese. Voglio cominciare da qui per raccontare un pezzetto di storia di relazioni fra donne italiane e mozambicane. È quella di Dina Forti, una donna che ha segnato in modo decisivo e originale la storia delle relazioni non solo fra Italia e Mozambico ma fra l’Italia e l’intero continente Africano. È fuor di dubbio che a lei dobbiamo le più significative e positive relazioni con l’Africa. Il suo personalissimo agire ebbe inizio nel quadro della sinistra italiana e specificamente per conto del PCI dell’immediato dopoguerra e fino a giorni più vicini ad oggi, per il quale Dina ha scritto pagine straordinarie di rapporti con i movimenti di liberazione del continente ed in particolare della regione dell’Africa Australe e soprattutto del Mozambico..."

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L’impatto del "Doi Mói"
di Alessandra Chiricosta

"Dopo aver affrontato più di cinquant’anni di guerra, l’embargo statunitense (conclusosi nel 1994) e la crisi economica asiatica del 1997, il Vietnam sta ora sperimentando un nuovo modello sociale ed economico, il cosiddetto “socialismo di mercato” mostrando in ciò un’impressionante potenzialità economica e la capacità di gestire una transizione sostenibile da un sistema collettivistico ad uno differente. Inoltre, negli ultimi decenni il Vietnam ha effettuato progressi decisivi nella riduzione della disparità di genere. Nell’area del Sudest Asiatico e nella regione del Pacifico, il Vietnam si distingue proprio per i successi ottenuti in tal direzione negli ultimi 20 anni. Secondo i dati offerti dal Gender Development Index, il Vietnam si trova all’ottantesimo posto su 136 Paesi, e sessantunesimo su 154 stando al Gender Equity Index del 2007. Questi sforzi hanno trovato esito in un alto tasso di alfabetizzazione sia maschile che femminile e nella più alta percentuale della regione di donne in Parlamento (almeno il 27% sin dal 2002). Il Vietnam è inoltre una nazione che vanta anche uno dei tassi più alti di partecipazione al mercato del lavoro: 85% degli uomini e l’83% delle donne tra i 15 e i 60 anni hanno partecipato attivamente nel mondo del lavoro nel 2002 (Vietnam Development Report 2004)..."

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La agency delle donne tra occupazione, famiglia patriarcale e revivalismo islamico. Il caso palestinese
di Ruba Salih

"La centralità della famiglia e delle sue gerarchie come unità base della società è un elemento indispensabile per comprendere la specificità della nozione e pratica della cittadinanza in Medio Oriente. Mentre infatti le costituzioni della maggior parte degli Stati occidentali definisce come unità base della società l’individuo, nelle società mediorientali le costituzioni identificano nella famiglia l’unità base della società. La cittadinanza moderna, che nasceva in Europa come superamento dei legami particolaristici che legavano gli individui alla famiglia, alla comunità o al villaggio, si definiva come una serie di relazioni contrattuali tra l’“individuo” detentore di diritti e proprietario di sé stesso, e lo Stato. La critica femminista ha da tempo messo in discussione la neutralità del soggetto-cittadino, mostrando come le donne siano state storicamente escluse dal contratto sociale, in quanto la cittadinanza moderna ha comportato un passaggio di potere dai padri (patriarcato) ai figli maschi (fratellanza) (vedi Pateman 1989)..."

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Recensioni e schede

di D’Amelia, Ricaldone, Stella, Guarracino, Sarra

LORELLA REALE (a cura di), Futuro femminile. Passioni e ragioni nelle voci del femminismo dal dopoguerra ad oggi, un libro e un dvd in cofanetto, Roma: Sossella, 2008

"Raccontare la storia del femminismo non è mai stata un operazione facile in Italia. Lo sappiamo da tempo e vari sono stati anche i tentativi di dar conto delle difficoltà e delle resistenze in proposito: dalla prevalenza dell’oralità alla reticenza a tradurre la densità delle esperienze in un bilancio, dalla difficoltà di trasformare la memoria in storia alla mancanza di un interpretazione consensuale, ecc. ecc. Fatto sta che chi oggi volesse saperne qualcosa o addirittura proporsi di tenere un corso di storia sul femminismo italiano si troverebbe di fronte a non poche difficoltà documentarie...." (Marina D'Amelia)

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PAOLA BONO e LAURA FORTINI (a cura di), Il romanzo del divenire. Un Bildungsroman delle donne?, Roma: Iacobelli, 2007, pp. 231

"Dopo Oltrecanone. Per una cartografia della scrittura femminile (a cura di Anna Maria Crispino, Roma: manifestolibri, 2003) e Movimenti di felicità. Storie, strutture e figure del desiderio (a cura di Donatella Alesi e Laura Fortini, Roma: manifestolibri, 2004), esce il volume Il romanzo del divenire. Un Bildungsroman delle donne?, che raccoglie i risultati del terzo incontro del Seminario Estivo Residenziale della Società Italiana delle Letterate avvenuto a Trevignano nel giugno 2002. Sul tema – le “storie di formazione” delle donne – non esiste in Italia quasi alcuna bibliografia; e nel volume, che dunque ha fra l’altro il pregio di costituire un importante precedente bibliografico, si contano dieci contributi..." (Luisa Ricaldone)

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ROSSANA ROSSANDA e MANUELA FRAIRE, La perdita, a cura di Lea Meandri,Torino: Bollati Boringhieri, 2008, pp. 79

"Grazie a Lea Melandri, per avere avuto l’idea di riproporre alla lettura il dialogo sulla perdita che Rossana Rossanda e Manuela Fraire svolsero qualche anno fa e allora pubblicato sulla Rivista di psicologia analitica (n. 69, 2004) col titolo “Perdere cosa? Perdere cosa?” Il testo si arricchisce ora di un commento della stessa Lea Melandri – e non importa se, come lei spiega, sia stata mossa in questo progetto dal desiderio di rendere il testo disponibile a chi non avesse ancora avuto l’occasione di accostarlo, o “dalla fantasia di potersi ritagliare una parte, a lato e come una discreta accompagnatrice, rispetto al fluire di un discorso denso di suggestioni intellettuali ed emotive, catalizzatore di memoria e, insieme, di grandi narrazioni storiche”....." (Rosetta Stella)

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SUSAN McCLARY, Georges Bizet. Carmen, a cura di Annamaria Cecconi, Milano: Rugginenti, 2008, pp. 221 + xxviii

"La lettura di Georges Bizet. Carmen mi riporta alla mente un momento di rivelazione vissuto nel 2006 quando, mentre assistevo al nuovo allestimento dell’opera all’Arena di Verona, un temporale costrinse a sospendere la rappresentazione alla fine del terzo atto. Quella sera Carmen uscì di scena così, libera da Don José, suo amante e persecutore (oggi forse si userebbe la parola stalker). Per una volta, egli non l’avrebbe raggiunta a Siviglia per massacrarla a pugnalate come nella peggior cronaca nera, rea di essersi sottratta all’autorità sua e del patriarcato bianco. Per una volta il pubblico è stato in grado di intuire ciò che intende Susan McClary quando, nella prefazione a questo volume, scrive che “gran parte della critica femminista del cinema e dell’opera ha affermato che bisognerebbe ignorare i finali – il luogo in cui la chiusa narrativa manifesta sé stessa – e concentrarsi invece sulla potenza vocale e sul vitalismo di personaggi come Carmen” (p. xiv)...." (Serena Guarracino)

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CRISTINA BRACCHI (a cura di), Le Dissenzienti. Narrazioni e soggetti letterari, San Cesario di Lecce: Manni, 2007, pp. 184

"La forza femminile che attraversa ogni saggio di questo caleidoscopico testo, a metà strada tra memoria storica e introspezione letteraria, mostra in maniera nitida e circolare le mille realtà dell’universo femminile delineandone i contorni attraverso dicotomie soggetto-testo distanti dalle classiche visioni a volte devianti ed omologanti. Il testo è diviso in due macrogruppi, “Realtà e Romanzo” e “Storia e Scrittura del sé” che, attraverso i suoi dieci saggi, raccoglie i punti di vista di autrici differenti per provenienza geografica e culturale, per esperienze di vita e approcci, dall’Europa agli Stati Uniti attraverso tutto il Novecento. I saggi ruotano intorno ad un punto cardine, quello della letteratura come dissenso; una letteratura non più vista come militante, e dunque collettiva, ma come momento soggettivo capace di raccontare e presentare la singolarità dell’esperienza del dissentire, che muta la realtà e le fa, a volte, da specchio..." (Giada Sarra)

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Le autrici


Monica Luongo
, giornalista, ha lavorato all’Unità. Oggi si occupa di donne e sviluppo per la cooperazione italiana, è osservatrice elettorale per l’Unione Europea e l’Osce, e collabora al Master in “Politiche dell’incontro” dell’Università Roma Tre. Fa parte della Società Italiana delle Letterate, di cui è stata presidente, ha contribuito a creare il sito DeA (Donne e Altri), ed è nella redazione della rivista Leggendaria. (> pagina dell'autrice)


Bianca M. Pomeranzi, femminista e esperta di tematiche di genere e sviluppo, è stata nel 1981 co-fondatrice di AIDOS, la prima Ong italiana dedicata a questa materia. Da circa venti anni lavora come senior gender advisor presso l’Unità Tecnica Centrale della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. Ha pubblicato su riviste italiane e straniere articoli sul femminismo transnazionale e sul ruolo delle donne nella globalizzazione. (> pagina dell'autrice)


Laura Corradi è una studiosa e attivista, critica della globalizzazione, impegnata nei movimenti eco-femministi, contro la guerra e per la salute ambientale. Con un passato come operaia di catena in fabbrica, autodidatta, ha poi vinto borse di studio, preso un dottorato e insegnato presso la University of California, pubblicando diversi libri e articoli. Ora svolge ricerca prevalentemente in India, sulle conseguenze del neoliberismo. È ricercatrice e docente di Studi di genere e di Sociologia della Salute e dell’ambiente presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università della Calabria.


Monica Capuani, giornalista e traduttrice, lavora da dieci anni come freelance con articoli e inchieste per testate come L’Espresso, La Repubblica, Il Mondo, D-La Repubblica delle Donne, Marie Claire, Class, il settimanale francese Paris Match, il mensile austriaco X-Ray, e molte altre. Molteplice la sua attività di traduttrice e di acquisitrice di diritti di testi narrativi e teatrali, tra i quali I monologhi della vagina di Eve Ensler, che ha tradotto e prodotto in Italia.(> pagina dell'autrice)


Beatrice Costa, nata a Milano nel 1981, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Torino nel 2005, dal settembre del 2004 lavora per ActionAid. Dal novembre del 2007 coordina il programma sui Diritti delle Donne per ActionAid in Italia nel quadro delle attività di ricerche e advocacy dell’associazione. È attiva nel Gruppo Politiche di Genere degli Stati Generali costituitosi alla fine del 2006. Nel tempo libero studia teologia e segue corsi e seminari di recitazione teatrale.


Maria Josè Arthur insegna antropologia sociale presso la Facoltà di Scienze sociali della Università Edoardo Mondlane di Maputo. È ricercatrice permanente di WLSA (Women and Law in Southern Africa), organizzazione non governativa attiva in sette paesi dell’Africa australe: Botswana, Lesotho, Malawi, Mozambico, Swazilandia, Zambia e Zimbabwe, che fa ricerche sulla situazione dei diritti delle donne. A partire dalla consapevolezza di una situazione di ingiustizia sociale a danno delle donne, WLSA Mozambico agisce per assicurare l’uguaglianza di genere contro le strutture di potere patriarcali responsabili della subordinazione delle donne.


Raffaella Chiodo Karpinski, freelance, collabora con la rivista della cooperazione italiana Ilaria, e con radio e riviste su temi di politica internazionale e in particolare dell’Africa. Da circa 25 anni è impegnata nel campo della solidarietà e cooperazione internazionale, con Ong, associazioni, networks internazionali, istituzioni locali e nazionali. Osservatrice per l’AWEPA, l’UE e le NU, nei processi di pace e democratizzazione ed elettorali in Mozambico, Sudafrica e Angola, e con l’OSCE nelle elezioni in Russia e in Ukraina. Coordinatrice della campagna italiana per la cancellazione del debito, tra le promotrici degli Stati Generali della solidarietà e cooperazione internazionale e della Rete Internazionale delle Donne per la Pace, fa parte del direttivo della Tavola della Pace.


Alessandra Chiricosta, filosofa e storica delle religioni specializzata in culture dell’Estremo Oriente e del Sudest asiatico. Si occupa di questioni relative all’intercultura, al dialogo filosofico-religioso, alle minoranze etniche, agli studi di gender e alle arti marziali. Ha collaborato con l’Università di Hanoi, con l’Ambasciata d’Italia in Viet Nam, con l’Università di Roma La Sapienza e con l’Università Roma Tre, dove ha ottenuto un Master in “Scienze della Cultura e della Religione” e un dottorato in Filosofia. Oltre ad articoli specialistici ha pubblicato con Bulzoni I sensi del sincretismo (con Mazzoleni e Franceschelli, 2004) e Oltre i confini (2005); ha tradotto e curato Il vero significato del Signore del Cielo di Matteo Ricci (Urbaniana University Press, 2006)


Ruba Salih è un’antropologa sociale. Ha ottenuto un PhD in Social Anthropology presso la University of Sussex nel 2000. Attualmente è senior lecturer presso l’Institute of Arab and Islamic Studies, University of Exeter, UK. Svolge anche attività di docenza presso l’Università di Bologna. È autrice di Gender in Transnationalism. Home, Longing and Belonging among Moroccan Migrant Women, Londra: Routledge, 2003 e di Musulmane Rivelate. Genere, Islam, Modernità, in corso di stampa per Carocci. Ha pubblicato numerosi saggi su migrazioni, islam, genere tra il Mediterraneo e l’Europa, multiculturalismo, islam e cittadinanza in Medio Oriente.

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di Paola Bono

Dopo “Che cosa vuole una donna” e “Femminismi d’Europa”, è questa la terza tappa del percorso che DWF ha scelto di intraprendere quest’anno, in un partire da sé che dall’interrogazione del nostro presente – dei nostri desideri e anche disincanti rispetto alla politica e alle donne in politica – ci ha portato a guardare oltre i confini dell’Italia, prima ad alcune donne con cui siamo in relazione in diversi paesi europei e poi a quella ricca, complessa, troppo sconosciuta galassia che sono i movimenti femminili/femministi in altri continenti.

Anche in questo caso, non abbiamo puntato a una panoramica esaustiva, ma ci siamo mosse per relazioni – innanzitutto coinvolgendo nella preparazione del numero Monica Luongo, che con noi ne ha discusso le domande di partenza, portando il contributo della sua esperienza, conoscenza e passione, e ha scritto il saggio introduttivo del numero; alla sua mediazione dobbiamo alcuni tra gli interventi qui raccolti: quello di Beatrice Costa sulla lotta delle raccoglitrici di noce babaçu in Brasile e gli articoli di Raffaella Chiodo Karpinsky e di Maria Josè Arthur sulla situazione mozambicana.

Le domande di Arthur ci sono sembrate risuonare con dibattiti anche qui attuali, sul senso o forse il non-senso della rappresentanza di sesso, sull’utilità e i limiti di un allargamento di tale rappresentanza. Bianca Pomeranzi e Monica Capuani, entrambe già più volte presenti sulle pagine di DWF, hanno nuovamente scritto per noi, l’una attingendo alla lunga pratica di lavoro e di tessitura politica con donne di tutto il mondo per offrire un quadro storico della situazione delle reti transnazionali, l’altra intervistando la fondatrice e “anima” di Kali for Women, prima casa editrice femminista in India. Sempre dell’India, infine, parla Laura Corradi – e ringraziamo Ambra Pirri per averci messo in contatto con lei – presentando alcune sezioni del denso Manifesto di Sangat (South Asian Network of Gender Activists & Trainers), con la sua critica giusta e feroce alle politiche mondiali che privilegiano una “economia di morte”.

Diversamente da quanto di solito avviene, anche la sezione Poliedra si tiene aderente al tema del numero, con i due articoli di Alessandra Chiricosta, che illumina per noi un altro angolo del Sudest asiatico scrivendo dell’impatto della politica del Doi Mói (Rinnovamento) sulle questioni di genere in Vietnam, e di Ruba Salih che indaga la agency delle donne palestinesi in relazione al concetto di cittadinanza così come esso viene articolato in Medio Oriente.

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